C’è un dato che suscita indignazione: l’assoluta mancanza di interesse per la rinascita e lo sviluppo dell’Irpinia. Non v’è luogo o istituzione locale dove non domini lo scontro tra persone: c’è conflitto in Regione, alla Provincia, nel Comune capoluogo e persino nei piccoli Comuni. A volte lo scontro si fonda su banali interessi personali, eppure impegna tempi lunghi prima che si risolva. Naturalmente il punto più alto della rissa è nel Partito democratico. Per storia e per consenso ottenuto. Quanto alla storia è noto che la fusione che diede origine al partito è stata da sempre tormentata. Paradossalmente non tra centro e sinistra, ma soprattutto nel centro. Qui le anomalie si possono ricondurre a corpi estranei al partito tradizionale. Penso all’ingresso del sindaco Gianluca Festa, da sempre nello schieramento Verde, ma con una ambiguità di posizionamento di fondo. Penso a Livio Petitto, un tempo fedelissimo di Nicola Mancino e oggi a mezzo servizio dell’ex sottosegretario Umberto Del Basso De Caro, con il suo stile da politico ben diverso dai suoi seguaci opportunisti. Penso anche a Maurizio Petracca, rientrato in politica, dopo una lunga esperienza al Comune capoluogo, al seguito di Ciriaco De Mita e scappato via per mettersi in proprio. Queste anomalie hanno determinato gelosie e contrasti insanabili. E se dovesse rispondere al vero che il sindaco di Avellino starebbe brigando per far diventare il suo movimento “Adesso” espressione della Regione Campania, d’accordo con esponenti dei territori confinanti, il futuro prevederebbe ulteriori strappi nel Pd già oggi ridimensionato. Peraltro, che alcuni rappresentanti regionali irpini siano del tutto asserviti al deluchismo, emerge anche dal confronto congressuale per l’elezione del futuro segretario nazionale del Pd. In Irpinia gli scudieri di don Vincenzo fanno il pieno per Bonaccini, a Napoli si registra il contrario, segno che il nepotismo del governatore non ha funzionato. A quel punto ci potrebbe essere anche una resa dei conti tra Festa e Petitto per la conquista di un seggio regionale. Appare chiaro che se non si dovesse registrare una svolta decisiva ed autonoma dalla dipendenza dal deluchismo, l’Irpinia continuerebbe a prendere schiaffi. Già sono insopportabili quelli ricevuti con le nomine negli enti di gestione come l’Air, il Moscati e altri minori, nomine fatte dalla Regione come se in Irpinia non ci fossero manager capaci di guidare un’istituzione; a questo “colonialismo” si aggiungono le manie del Comune di Avellino che, tra assessori e addetti al marketing venuti da lontano, ha dimostrato di non promuovere le risorse e il “capitale umano” locale. Se questo andazzo dovesse continuare si potrebbe parlare di una sorta di “esproprio” dal nostro territorio. Meraviglia, e non poco, che il centrodestra rispetto a queste anomalie stia a guardare come se il futuro dell’Irpinia non fosse di suo interesse. Come se l’Irpinia e Avellino, ferme al palo dello sviluppo, non vivessero un degrado reale ma virtuale. Tutto ciò ci porta a concludere in un solo modo: qui la classe dirigente, corrotta e compromessa, vince su tutto. E i partiti ne sono la massima espressione.
Gianni Festa