di Virgilio Iandiorio
Ho riletto la recensione che Entico Reggiani, professore ordinario di Letteratura (in lingua) Inglese presso L’Università Cattolica del Sacro Cuore, scrisse nel 2011 su L’Osservatore Romano in riferimento al libro “Eminenti Vittoriani” scritto nel 1918 da Lytton Strachey (1880-1932) e riproposto proprio nel 2011 a cura di Beppe Benvenuto dalla casa editrice Mursia. Il libro è una raccolta di quattro brevi biografie di personaggi del periodo vittoriano, quello della Regina Vittoria dal 1837 al 1901, che suscitò notevole interesse, perché esaminava la fortuna e la psicologia di personaggi storici facendo ricorso a figure retoriche come l’antitesi, l’iperbole l’ironia, artifici del linguaggio che deviano dal significato letterale delle parole.
Nel suo articolo Enrico Reggiani fa riferimento al poeta italo americano John Ciardi, nato a Boston nel 1916 da genitori irpini e morto nel 1986, nel New Jersey. Nel luogo d’origine della madre, Manocalzati, si è cancellato, con regolare deliberazione amministrativa, anche il ricordo del poeta, a cui era stata intitolata la piazza principale del paese alla fine degli anni Novanta, quasi a volerne rimuovere la memoria. Con discutibilissima finalità culturale, ma con danno notevolissimo all’immagine del paese nel mondo.
Indicando i grandi autori che hanno scritto di Litton Strachey, Enrico Reggiani annota: “Di lui, raffinato saggista e critico letterario con giovanile propensione per la poesia, scrisse T. S. Eliot (1888-1965)…Dopo Eliot, più di recente, il poeta americano John Ciardi, instancabile promotore di una poesia accessibile a tutti, lo ha invece rappresentato in un suo testo poetico come ”un anziano signore con la voce intatta / di un fanciullo soprano che risponde trillando con l’unica parola Passion! / alla domanda di un giornalista che gli chiede quale sia la cosa più importante nell’arte“.
La poesia di Ciardi, a cui fa riferimento nel suo articolo Enrico Reggiani, è tratta dal libro THE COLLECTED POEMS nell’ edizione postuma, a cura di Edward M. Cifelli, NJ 1997. La poesia, intitolata On passion As a Literary Tradition (Della passione come tradizione letteraria), inizia proprio con i versi, che Reggiani traduce dall’inglese e qui di sopra sono stati riportati.
In questa poesia dedicata proprio alla passione dell’arte letteraria, Ciardi fa riferimento alle esperienze poetiche di Alfred Edward Housman (1859-1936), poeta inglese autore di saggi su scrittori della letteratura latina e greca; Nikos Kazantzakis (1883-1957) autore greco di opere narrative che sono state portate anche sullo schermo, come Zorba il Greco nel 1964 e L’ultima tentazione di Cristo nel 1988, ma l’opera sua più importante rimane il poema Odissea in 24 canti per un totale di 33.333 versi, pubblicata nel 1938. Un altro riferimento significativo in questa poesia di Ciardi è a Odisseo (Ulisse) con il suo foghorn (vocione).
La tradizione letteraria dell’Occidente ha riferimenti sicuri negli autori classici latini e greci; i due poeti citati in questa poesia hanno rivissuto l’antico con la sensibilità dell’uomo del nostro tempo, come fece Ciardi quando pose mano alla traduzione della Divina Commedia in lingua inglese.
Per quanto riguarda l’annotazione di Enrico Reggiani a proposito di Ciardi come promotore di una poesia accessibile a tutti, si può rileggere quello che più di un secolo fa scrisse Benedetto Croce nella rivista “La Critica” (I,1903) riferendosi alla fortuna di Giusué Carducci : “E c’è poi la poesia accessibile a tutti?. Presupporre un lettore che non abbia una cultura storica e letteraria, non credo sia un modo per rendere accessibile la poesia. Se accessibile vuol dire “chiaro”, allora è tutta un’altra cosa”.



