Monia Gaita
Sono passati poco più di 15 giorni da quando un giovane della nostra comunità, Antonio Tozza, di 28 anni, è volato in Paradiso. Dico “della nostra comunità” perché la mamma di Antonio è la cara Rachele Aquino, di Montefredane (AV), e precisamente di Frazione Gaita. Il papà, Vincenzo Tozza, per gli amici Enzo, è originario di Pianodardine, ed è lì che la famiglia ha sempre vissuto conservando un forte legame con Montefredane dove abitano i nonni materni di Antonio, gli zii Fiore Aquino e Roberta Amoroso, e il cugino Italo.
Antonio, lo ricordo da ragazzino avendo partecipato al Festival per Voci Nuove. Ne custodisco un ricordo tenero e affettuoso: un ragazzo buono, gentile, socievole, con una luce negli occhi che ne raccontava e rivelava l’intelligenza pronta, la disponibilità, la schiettezza, l’acuta perspicacia.
Da un po’ lo avevo perso di vista, Antonio, ma ne conoscevo l’amore per la musica che lui notificava anche a noi amici virtuali, inviandoci video tramite Instagram e Facebook.
Quando ne ho appreso la tragica notizia della morte, sono rimasta sbigottita, incredula, spiazzata. Perché mai un ragazzo pieno di bellezza, di gioia, di interessi, decide che in un attimo il cerchio della vita debba chiudersi? Quale motivo può averlo spinto a compiere quel gesto? Proprio lui che nutriva un amore sconfinato per le persone, i luoghi e i tanti svaghi zelantemente coltivati?
Ci sono interrogativi destinati a rimanere, malgrado gli sforzi, privi di risposta. Ma non è adesso il disagio esistenziale che vorrei provare a capire, dandogli un volto, un nome, una voce, un peso, una statura. Sarebbe un tentativo vano e velleitario chiudere in un perimetro la fatica del vivere: esula dai miei compiti, e seppure si potesse circoscrivere o misurare, non sarei in grado di decifrarne profondità, volume e componenti. È un rovello che ci riguarda tutti, che non ha contorno e per cui è impossibile determinarne la lunghezza.
Quando rivado con la mente ad Antonio, penso alla sua solarità, alla sua grande capacità di stabilire relazioni, contatto umano, vicinanza. Questo non lo dico a titolo elogiativo o per imbastire una narrazione inventata, romanticata o inzuccherata di chi adesso non è più tra noi. Lo dico perché Antonio era così, preziosamente sensibile. E quanti lo hanno conosciuto possono agevolmente confermare questa verità. Quindi, quello che sto tracciando in queste poche righe, non vuole assumere le sfumature sfocate o le tinte ombrose della sera, ma la freschezza lieta e i colori smaglianti del mattino.
Chi più dei genitori, Enzo e Rachele, può restituirci ciò che Antonio era? Sono proprio loro a dirci: “Antonio era un ragazzo semplice, onesto, umile, pulito, con un senso dei valori altissimo. Credeva nell’umanità che lo portava a rivolgere la sua attenzione soprattutto verso gli ultimi. Innumerevoli le qualità e gli hobby che coltivava, spaziando dalla poesia all’amore per l’arte, per la musica e per il canto, affiancato alla mania per i motori. Antonio anche nello studio ha raggiunto risultati lodevoli, laureandosi brillantemente in ingegneria informatica all’Università di Salerno. Amava vivere, credeva negli amici che non avrebbe mai tradito né abbandonato dal momento che era un’anima pura, un ragazzo d’altri tempi. Ci amava infinitamente e non aveva mai voluto allontanarsi dall’Irpinia, malgrado fuori avesse ricevuto ottime prospettive professionali. Eravamo una sola cosa e ora è dura sopravvivere senza di lui, senza il nostro angelo che vivrà in noi, con noi ogni giorno, ogni ora, ogni istante”.
I ricordi familiari proseguono con la zia Roberta: “Fin da ragazza ho esercitato l’arte della pittura. Antonio mi seguiva con entusiasmo. Gli avevo detto che volevo fare una mostra. Era contentissimo. Da bambino aveva cantato anche nel coro del Teatro Carlo Gesualdo di Avellino. Amava cantare, amava i viaggi e l’arte in tutte le sue forme espressive. Gli piacevano tanto i miei sassi giramondo. Il sasso giramondo è un sasso che viene colorato e donato, oppure lasciato in un luogo come simbolo di speranza, affetto, coraggio. I primi sassi li ho ricevuti in dono da mia cognata. Così è nata l’idea di dipingerli. Sul retro, accanto al codice postale di Montefredane scrivo <<amati>>, <<sorridi>>, <<vivi con leggerezza>> e altre parole che vorrebbero porgere un aiuto nei momenti tristi. L’ultimo sasso che gli ho regalato raffigurava un cioccolatino M&M’S di colore rosso, con gli occhi e la bocca sorridente. Antonio era appassionato di viaggi e di avventure, gli piaceva scoprire posti nuovi. Ogni volta che raggiungeva uno di questi posti non si dimenticava mai di mio figlio Italo. Italo combatte da anni con seri problemi di salute, e poiché non può spostarsi, lui lo rendeva parte del viaggio. Era immancabile la sua videochiamata per mostrargli i paesi e le città che visitava. A Italo quei momenti mancheranno tanto!”
Ed è proprio il cugino Italo a consegnarci una toccante testimonianza di bene: “Io e Antonio da quando siamo nati abbiamo sempre condiviso la passione per auto, moto, modellismo, musica, natura, sport. Essendo io di qualche anno più grande, sono sempre stato per lui un forte punto di riferimento, ma anche lui lo è stato per me. Malgrado alcuni ostacoli abbiano fatto di tutto per allontanarci, il nostro amore ci ha permesso di andare oltre. Abbiamo continuato a farci spalla l’un l’altro. Negli ultimi anni, per motivi di salute, sono stato in una condizione fisica che ha penalizzato le nostre uscite. Quante volte mi ha invitato a dei raduni e io ho dovuto dire di no perché non potevo! Troppe. Ma non ero io a volerlo e lui comprendeva perfettamente. I nostri sentimenti sono sempre stati saldi e sinceri. Penso che Antonio fosse troppo buono, troppo sensibile per stare in una società che riflette il mondo barbaro in cui siamo calati, un mondo barbaro che va al contrario. Lo ricorderò finché avrò memoria, e saranno ricordi vivi come se si potessero toccare”.
Questi ricordi vivi come se si potessero toccare, rimarranno indelebili e lindi nella cara nonna Anna che ha 92 anni, è allettata e non sa di Antonio – le hanno detto che è fuori per lavoro – negli zii Virginia e Carlo, nei cugini Emma e Antonio, in tutti noi e in tutti quelli che lo hanno conosciuto e amato.




