“Assistiamo a un attacco costante da parte del governo contro donne e omosessuali”. Lo ribadisce Giuseppina La Delfa, attivista per i diritti della comunità Lgbt, e storica leader delle Famiglie Arcobaleno, nel presentare la sua trilogia “Peccato che non avremo mai figli”, “Tutto quello che c’è voluto”, “Famiglie” alla Biblioteca Provinciale. Romanzi che diventano l’occasione per parlare dell’omogenitorialità in Italia, della strada ancora da compiere perchè siano garantiti a tutti gli stessi diritti. A dialogare con l’autrice nel corso di un incontro moderato da Leonardo Festa Giuseppe Masullo, docente associato Università di Salerno.
‘Peccato che non avremo figli’ – spiega Giuseppina – è la frase che ci siamo dette io e la mia futura moglie quando abbiamo scoperto di essere innamorate e abbiamo deciso di vivere come coppia. Quarant’anni fa, la società ci imponeva una sterilità sociale che abbiamo impiegato 20 anni a combattere, solo allora abbiamo cominciato un percorso fisico e psichico che ci consentisse di diventare madri lesbiche, Un percorso che è proseguito con la nascita di Lisa, il desiderio di vivere alla luce del sole i propri figli e l’impegno politico con le Famiglie Arcobaleno”. Sottolinea come “In questi venti anni in Irpinia, i cuori si sono aperti, ho trovato grande accoglienza in questa terra, malgrado ciò abbiamo assistito anche qui ad episodi agghiaccianti. Del resto, la visibilità è la nostra arma, dobbiamo lavorare su noi stessi, parlare dei nostri percorsi”. E sulle nuove battaglie da portare avanti “Non esiste in Italia nessuna legge che protegga nuclei familiari di famiglie gay o lesbiche, bisogna ricorrere ai tribunali con esiti solo a volte positivi”. E sull’attuale governo “Cerca di metterci i bastoni tra le ruote. Molti bambini non riescono ad avere neppure una carte d’identità elettronica, perchè il sistema delle carte non accetta figli di genitori dello stesso sesso. Perciò o devono accettare questo diktat, dichiarando il falso o non possono avere carta d’identità. Con l’associazione e i nostri legali stiamo cercando una soluzione”
Spiega come non esista un unico modello di famiglia “Parliamo di famiglia quando ci sono persone che scelgono di condividere responsabilità e affetto ma esistono tanti modi di concepire la famiglia. Naturalmente, è chiaro che quando c’è disinformazione si ripropongono visioni stereotipate e arcaiche”. Chiarisce come “in Francia lo Stato è meno omofobo ma la gente lo è di più. Qui è vero il contrario. Lo Stato ci tutela di meno ma da parte della gente ci sono rispetto e comprensione. Sia negli anni in cui ho vissuto a Serino, che da quando vivo a Santo Stefano non sono mai stata vittima di omofobia, nell’incontro con le persone sono sempre caduti i pregiudizi. Eppure proprio la dignità che ci ha sempre riconosciuto lo Stato francese ha dato a me e alla mia ex moglie la forza di affrontare le battaglie che abbiamo portato avanti. Ho vissuto venti anni di silenzio e omertà, poi la parola è arrivata quando ho conosciuto altre donne che vivevano questo stesso desiderio di maternità. Questi libri sono la somma di tutte le parole che non ho mai potuto dire”, Punta l’indice contro la legge ’40 che condanna la genitorialità omosessuale e i centri di di procreazione assistita e spiega come “Mi piacerebbe che fossero tutti più liberi nella costruzione della famiglia, andando al di là di ruoli già stabiliti tra uomo e donna. La donna continua ad essere condannata ancora oggi ad essere la buona moglie e la buona madre” E’ Masullo a sottolineare come “i libri di Giuseppina sono un potente strumento pedagogico per educare i giovani contro ogni forma di discriminazione o pregiudizio. Molto spesso i racconti sono filtrati dai media e finiscono per consegnare narrazioni cariche di stereotipi, che continuano a ritenere che la famiglia naturale è l’unica. Giuseppina, invece, da anni porta avanti il suo impegno sul territorio. La gestazione di altri è oggi considerato reato universale, e chi ha fatto ricorso ad essa finisce per essere colpevolizzato e messo da, parte, anche quando si era già integrata. E’ chiaro che c’è una netta distinzione tra il diritto del nostro paese e la società che è molto più inclusiva”