Le elezioni europee si terranno nel 2024 e prima di quell’appuntamento ci sono le amministrative con due regioni chiave come Lombardia e Lazio che andranno al voto il prossimo 12 febbraio. Il cantiere del centrodestra è però aperto con i lavori in corso da parte delle forze politiche che guidano il governo. Chiusa la prima fase dell’azione dell’esecutivo, con l’approvazione a tappe forzate della legge di bilancio, è tempo adesso di sciogliere gli altri nodi a partire dalla riforma delle autonomie regionali e dal provvedimento sul piano di ripresa e resilienza sul quale è in corso una negoziazione con la commissione europea legata a delle modifiche rispetto agli obiettivi originari. L’azione di governo si intreccia con il riassetto futuro della coalizione. Qualche giorno fa è stata rilanciata l’idea di una federazione o addirittura di un partito unico del centrodestra, ipotesi, che al momento, Giorgia Meloni guarda con distacco perché vuole evitare in questa fase di inasprire delle inutili tensioni con gli alleati. Se questo è il presente, per il futuro, però, potrebbe nascere un nuovo contenitore anche perché in politica è sempre meglio avere un piano B. Oggi i tre partiti del centrodestra militano in tre formazioni diverse a livello europeo. Fratelli d’Italia nei conservatori, Forza Italia nel partito popolare e la Lega nel gruppoIdentità e democrazia con i leader sovranisti, tra cui la franceseMarine Le Pen.Chi guarda ad un’unica forza politica vuole semplificare il quadro non solo a livello italiano ma anche sul piano europeo con un progetto, in vista delle elezioni del 2024, che metta insieme Conservatori e Popolari per ridimensionare la famiglia socialista alle prese in questi giorni con lo scandalo Qatargate. In Italia un leader già c’è, ed è Giorgia Meloni, toccherebbe a lei unificare il centrodestra come fece Berlusconi ai tempi del Popolo delle Libertà, ma prima di arrivare alla fine del percorso occorre immaginare le tappe intermedie. E così, come nel gioco dell’oca, si torna alla casella di partenza, non c’è nessuna urgenza ma il tema di completare la democrazia bipolare in Italia resta affascinante. Gli elettori del centrodestra hanno, in questi anni, di volta in volta scelto di dare il consenso maggiore ad uno dei tre partiti dell’alleanza. E’ accaduto, dal 1994 e per quasi venticinque anni con Forza Italia, poi è toccato alla Lega di Salvini e adesso a Fratelli d’Italia. Ma in quel campo è successo qualcosa di molto diverso rispetto alla “rivoluzione liberale” di Berlusconi, è tornato il tema dell’identità della destra italiana che nell’epoca repubblicana conquista per la prima volta Palazzo Chigi e lo ha fatto con il consenso degli elettori e non delle élite. Come ha scritto Ezio Mauro quella della Meloni è una “raffigurazione che mitizza l’avventura in corso, con la protagonista che rovescia il tracciato della sua vita conquistando il comando e indicando la sua parabola come risarcimento e riscossa a tutto il popolo sommerso. Ma soprattutto una replica, con gli stessi concetti e quasi con le stesse parole, del segno di riconoscimento tributato da Donald Trump immediatamente dopo la vittoria elettorale alforgotten man, l’uomo smarrito, il cittadino disperso nella crisi, il soggetto dimenticato, tagliato fuori, sperduto nella deriva repubblicana come nella solitudine dello sgabello notturno di un bar, nei quadri di Hopper. Qui poggia l’ipotesi politica meloniana di fare un’opa politica sul ceto sommerso, sul popolo abbandonato, sui gruppi sociali prosciugati dalla crisi e tagliati fuori, sul risentimento degli esclusi”. Queste categorie hanno votato in massa per la Meloni che ora però si accorge della distanza che c’è tra il governare e le promesse elettorali, è questo il vero divario che deve colmare.
di Andrea Covotta