di Nicola Di Guglielmo
La miniriforma tributaria varata con l’ultimo bilancio del Governo è, a parer mio, incostituzionale, in quanto introduce la cosiddetta Flat tax senza apposita legge parlamentare. Essa, riducendo il numero delle aliquote IRPEF a tre, ha portato all’assurdo di tassare con il 43% anche i redditi superiori a 50.000 euro annui lordi. Il probelma è molto complesso e rinunzio ad affrontarlo, richiamando quanto stabilisce il secondo comma dell’art. 53 della nostra Costituzione: “Il sistema ributario è informato a criteri di progressvità”. Al riguardo giustamente ha scritto il girnalista Andrea Bassi: “Una persona che guadagna 2.400 euro netti al mese, con due figli a carico nell’Italia di oggi, si può considerare ricca? C’è da scommettere che a quasi nessuno verrebbe in mente di definire “paperone” chi ogni mese rivece in busta paga una somma del genere. Eppure per il il Fisco è proprio questa la soglia di reddito raggiunta la quale una famiglia può definirsi benestante assoggettata all’aliquota massima dell’Irpef, quella del 43%” (Meno tasse ai tartassati un piano per l’Irpef e della classe media. Ecco chi ci guadagna “Il Mattino” 7 marzo 2014). I provvedimeni legislativi della riforma tributaria del 1972-73 stabilivano per l’Irpef 32 scaglioni di reddito ed altrettante aliquote, che andavano dal 10% dei redditi fino a due milioni al 72% di quelli che superavano i 500 milioni di lire. Era un sistema penalizzante, per cui i legislatori successivi lo ridimensionarono, portandolo a cifre in parte accettabili, tranne l’ultima al 43% per i redditi superiori a 75.000 euro annui lordi, al pari di redditi miliardari! E’ impensabile un sistema del genere come lo era quello dell’aliquota al 72%! Ma è anche ridicolo che sia applicata l’aliquota del 43% a redditi superiori a 50.000 euri lordi annui equiparati a quelli miliardari!
Ed allora io non voglio apparire altrettanto ridicolo e mettermi a discutere sulle intenzioni del Governo e sui problemi connessi per risolvere la questione della “coperta corta per coprire tutto il corpo di un elefantiaco debito pubbbblico in continuo sviluppo”. L’argomento è stato più volte da me trattato sul “Corriere” e su “il Quotidiano” dell’Irpinia abbastanza diffusamente, per cui non voglio tediare oltre il lettore e mi limito, pertanto, a fare solo delle proposte, che sono discutibili e modificabili, ma che spero possano soddisfare alle esigenze ed ai bisogni delle Istituzioni Pubbliche ed alle risorse concrete disponibili. E propongo che gli scaglioni di reddito e le rispettive aliquote procedano per gradi sopportabili, non solo alle esigenze di perequazione e di giustizia assicurando una maggiore uguaglianza al cittadino che si impegna nel quotidiano lavoro, tutelato anch’esso dalla Costituzione, che ne afferma la “dignità”.
Scaglione di reddito fino a 30.000 euro Aliquota 20%
50.000 25%
80.000 27% “ “ “
120.000 30%
150.000 32%
200.000 35%
250.000 37%
300.000 39%
400.000 42%
500.000 44%
750.000 47%
1.000.000 48%
1.250.000 49%
1.400.000 50%
Auspico che si abbia il coraggio di affrontare il problema con la giusta ed obiettiva valutazione che merita, realizzando una maggiore giustizizia sociale e tributaria.