Che cosa si può ricostruire dopo oltre quarant’anni dal terremoto. Certo, una nuova socialità, una nuova visione della politica amministrativa, accompagnata da una nuova classe dirigente, che sappia guardare e accompagnare le transizioni di questo tempo.
Sono le sollecitazioni emerse nel corso dell’incontro sul tema “Il governo del trauma. La lezione del 23 novembre 1980”, il confronto che si è svolto presso la Sala “Grasso” di Palazzo Caracciolo in Piazza Libertà ad Avellino.
L’occasione, la presentazione del volume “La faglia nascosta. Territori, decisioni e pratiche nel cratere sismico del 1980” di Anna Maria Zaccaria (Franco Angeli editore). Si tratta del risultato di una meticolosa e approfondita ricerca sul campo condotta da Zaccaria, docente di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio presso il Dipartimento Scienze Sociali Università degli Studi “Federico II” di Napoli, che non soltanto restituisce il punto di vista degli attori – amministratori, abitanti, membri dei comitati popolari, imprenditori, componenti delle commissioni di controllo sulla ricostruzione – nella vicenda che a partire dal terremoto di 43 anni fa ha segnato l’Irpinia ma contribuisce a delineare una riflessione sul ruolo, sulla funzione e sull’efficacia dei rappresentanti degli enti locali nei momenti di gestione degli effetti di un trauma.
All’incontro, organizzato dal Dipartimento di Scienze Sociali Università degli Studi “Federico II” di Napoli e patrocinato dall’Amministrazione provinciale di Avellino, sono intervenuti Luciano Brancaccio, docente di Sociologia Politica, Michele Di Maio, sindaco di Calitri, Generoso Picone, giornalista e saggista, e Rosanna Repole, sindaco di Sant’Angelo dei Lombardi e presidente della Città dell’Alta Irpinia-Area Pilota nella Strategia nazionale delle Aree Interne.
Tra gli altri, gli interventi dell’Unpli Campania, Tony Lucido, che ha rilanciato sulla necessità di una osservazione attenta sulle aree interne, e di Gianni Festa, direttore del Corriere dell’Irpinia, che ha rimarcato sulla assenza di una classe dirigente, oggi, rispetto al passato, vissuto anche da chi, come lui, allora di inviato del Mattino, ha vissuto i momenti più bui del terremoto del 1980. Da quella esperienza, e da quel vissuto, Gianni Festa ha rilanciato forte il suo appello, perché possa maturare una classe dirigente in grado di reggere il passo, politicamente e culturalmente, e tenere testa alle sfide che ci accompagnano.