“Ho sofferto anche io e la mia sofferenza mi ha insegnato che la violenza non conduce a nulla. Ho amato e amerò sempre mio marito, quando si è innamorati, non ci si preoccupa di nulla, non mi è mai pesato il suo nome ma ai giovani mi sento solo di raccomandare di stare lontani dalla criminalità organizzata. Capisco il dolore di donne come Graziella Ammaturo e di tutti i familiari delle vittime. Mi sento vicina a loro”. Nessuna apologia, spiega Immacolata Iacone, moglie di Raffaele Cutolo, ospite alla libreria Mondadori di via Fariello ad Avellino, della presentazione dei “Diari segreti di Raffaele Cutolo” di Gianluigi Esposito e Simone Di Meo, nel corso di un incontro moderato da Alfredo Picariello. Nessun desiderio di replicare alle parole di Graziella Ammaturo, che aveva giudicato la sua presenza al confronto inopportuna, ci tiene a sottolineare solo la consapevolezza del dolore di chi ha perso qualcuno a causa della violenza della camorra. Confessa di aver dato “tutti gli incartamenti di cui ero in possesso, provenienti dall’archivio di mio marito, all’autore. Gli dicevo sempre che non volevo sapere nulla dei suoi affari. Ma ritengo sia giusto che alcune verità escano finalmente fuori, mio marito ha tante responsabilità ma ci sono persone che si sono nascoste dietro di lui, è diventato il capro espiatorio di tanti”. E’ Esposito, uno degli autori, a sottolineare come “non volevamo certo mitizzare un personaggio come Cutolo, volevamo solo ripercorrere delle pagine della Repubblica italiana, ancora avvolte dal mistero. Per la prima volta abbiamo avuto accesso all’archivio privato di Cutolo e in tanti, invece, di cercare di capire cosa si nasconde dietro quelle carte, hanno gridato all’apologia. Mentre sappiamo bene come Cutolo sia al centro di quasi tutte le trame oscure della Repubblica, dal caso Cirillo all’assassinio di Salvia e Ammaturo. Viene naturale pensare che c’è qualcuno che non vuole che questi segreti vengano alla luce. Cutolo è stato un parafulmine per tanti, ha tante responsabilità ma ci sono anche tanti poteri nascosti, penso, ad esempio al processo Tortora costruito sul nulla o ai collaboratori di giustizia della caserma Pastrengo che si muovevano indisturbati”.
Ricorda come in Irpinia “c’era una delle batterie più forti della Nuova Camorra Organizzata, personaggi che hanno contribuito alla crescita gruppo cutoliano in un contesto caratterizzato anche da compromissioni a livello politico. Anche perchè qui c’era un forte flusso economico Ho intervistato molti ex affiliati che erano irpini. Era un gruppo che aveva ramificazioni ovunque, dall’Irpinia all’agronocerino fino alla Puglia. E non è un caso che dalla Nco prenderanno le mosse anche gruppi come la Sacra Corona Unita e la Banda della Magliana”. Ricorda episodi come la consegna della medaglia da parte di Juary “sul quale ci sono tante ipotesi, da quella che Cutolo avesse sventato un attentato al Partenio al sostegno offerto all’Avellino anche sul piano finanziario”. Spiega come “Il suo messaggio che appariva rivoluzionario in quegli anni e parlava di una Campania non più sottoposta ai poteri del Nord ha sedotto tanti giovani. Ma è chiaro che la sua vita stessa, conclusasi in un carcere, dimostra il fallimento di questa idea, che matura sempre dove lo Stato è assente. Abbiamo chiesto noi alla moglie di Cutolo, Tina Iacone, di partecipare perchè immaginavamo che se la testimonianza dell’orrore della criminalità fosse arrivata da chi l’ha vissuta in prima persona sarebbe stato più efficace. Lei ci ha dato carta bianca nella scrittura e non ha condizionato in nessun modo la stesura del libro. Siamo convinti, oggi più che mai, che la criminalità si possa aggredire solo sul piano culturale”. Sottolinea come “l’organizzazione fondata da Cutolo, partendo dal Carcere di Poggioreale, si è estesa ovunque ma chi lo ha permesso? A partire dagli anni ’80 esisteva una strategia precisa per annientare Cutolo che era custode di molti segreti, a partire da quelli legati al caso Cirillo. Non è certo un caso che tutti coloro che erano implicati nell’affare Cirillo sino morti, come lo stesso Ammaturo, ucciso dai Nap, la cui morte si inquadra in quel sistema che vedeva una rete tra servizi segreti, politica e criminalità. Poco prima di essere ucciso aveva informato il fratello di avere del materiale sul caso Cirillo, mai trovato”. E’ Francesco Di Ruberto, ex dirigente della Pubblica Sicurezza, a ricordare di aver conosciuto molti personaggi che gravitavano intorno a Cutolo e sottolinea come “Era evidente l’intreccio tra criminalità e terrorismo. Anche perchè il controllo delle carceri era nelle mani di Cutolo e negli stessi carceri in cui erano detenuti i terroristi erano reclusi anche i camorristi. Come era possibile non prevedere che sarebbe stata una bomba ad orologeria? O lo Stato non era preparato a tutto ciò o ci troviamo di fronte a troppe contraddizioni”. All’avvocato Gaetano Aufiero il compito di ricordare il boss che ha difeso “Ho toccato con mano il cambiamento dell’uomo in 58 anni di carcere” . A restituire la forza del libro la lettura di alcuni estratti a cura di Alfio Del Forno.