di Egidio Leonardo Caruso
Lo scorso 10 Settembre 2025 gli Stati Uniti d’America sono tornati indietro nel tempo agli attacchi che ne hanno segnato la storia anche quella più recente, che ha visto coinvolto l’attuale Presidente Donald Trump lo scorso 13 Luglio 2024, in piena campagna elettorale durante un comizio in Pennsylvania quando scampò miracolosamente ad un attentato.
Questa volta è toccato a Charlie Kirk, 31 anni attivista repubblicano, padre di due bambini, assassinato con un colpo di pistola al collo, durante una conferenza all’interno del Campus Universitario della Utah University a Orem. Riferimento importantissimo per il mondo conservatore americano per le sue idee a favore della famiglia tradizionale, contro l’aborto, l’immigrazione incontrollata, la diffusione del pensiero gay, LGBTQ all’interno delle scuole.
Seguito tra i giovani, è riuscito a convincerne migliaia alle scorse elezioni, a votare per l’attuale presidente in carica, il suo assassino Taylor Robinson studente 22 anni incensurato, amante di videogiochi e appassionato di armi, è stato catturato ventiquattr’ore dopo. I motivi che lo hanno spinto a compiere il gesto non sono ancora del tutto chiari, si sospetta che alla base vi siano motivazioni politiche.
Il format utilizzato da Kirk per dialogare con la platea dei presenti è racchiuso nello slogan: “Prove me wrong” (dimostrami che ho torto), lasciando spazio ad un confronto spesso aspro in nome della libertà d’opinione. C’è chi lo ha definito estremista, omofobo, seminatore di odio… Al fondo della questione c’è un esercizio tipico della società in genere, ovvero la tendenza a categorizzare, o meglio etichettare, cioè stabilire dei criteri nel tentativo di definire un’idea, un pensiero con il rischio di essere superficiali, di fare di “tutta l’erba un fascio”, perdendo di vista proprio il cuore di qualsivoglia forma di confronto, vale a dire: dare a ciascuno pari dignità nell’espressione del libero pensiero, ancor di più quando questo è diverso dal nostro, risultando talvolta “scomodo” ai più.
Non sono mancate le reazioni politiche all’accaduto, a cominciare dal presidente Trump che si è detto “preoccupato per il clima che si respira nel paese”, a fargli eco il premier italiano Giorgia Meloni che durante un intervento alla festa nazionale dell’UDC ha dichiarato: ”Credo che sia arrivato il momento di chiedere conto alla sinistra italiana, di questo continuo minimizzare, addirittura giustificare la criminalizzazione, demonizzazione di chi non la pensa come loro. Anche qui in Italia il clima sta diventando insostenibile, è ora di dire che: “queste tesi sono pericolose, impresentabili e antitetiche, a qualsiasi embrione di democrazia”.
Dal canto suo il PD ha controreplicato: “La premier straparla, vuole incendiare un clima politico già incandescente, la premier deve avere più responsabilità. Tutte le forze politiche insieme devono condannare la violenza politica che non è accettabile, da qualunque parte provenga e verso chiunque vada a colpire”.
L’effetto prodotto da questo violento assassinio nello Utah e il clima di forti proteste che si respira anche nel nostro paese, hanno indotto il ministro dell’Interno Piantedosi a chiedere di alzare i livelli di sicurezza per le autorità, si teme infatti un “rischio emulazione” anche in riferimento ai toni utilizzati in Senato da alcuni esponenti di M5S, che hanno definito il ministro degli Esteri Tajani “influencer prezzolato da Israele”.
Nella società dell’Infosfera non sono mancate le reazioni a mezzo social media, strumento prediletto da Kirk per diffondere le sue idee tra i giovani, in un’indagine condotta da SocialCom Italia, una community che monitora, valuta e anticipa le tendenze della comunicazione web, emerge che negli USA il 15% degli americani approva l’omicidio, mentre il 85% lo disapprova, anche in Italia il 10% degli utenti si mostra favorevole al gesto, mentre il 90% è contrario.
Si evince quindi una forte polarizzazione delle rispettive posizioni che soffia il fuoco della violenza, sicuramente più marcata negli Stati Uniti sia per il fatto in sé, ma anche per la mancanza di un confronto pubblico tra le diverse forze politiche che possa portare alla creazione di una legge, un regolamento condiviso sulla detenzione e l’utilizzo delle armi da fuoco.
Una seconda questione non meno importante riguarda il linguaggio e più in generale il discorso pubblico, occorre domandarsi: fin dove è possibile spingersi nella libera espressione delle proprie idee? Ci viene in aiuto la filosofia: J. Stuart Mill in un suo scritto Sulla libertà dice: “Ogni individuo è libero fino a quando non arreca danno agli altri”. Ancora l’illuminista Voltaire ci ricorda: ”Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita per permetterti di dirlo”.
Il dialogo è ciò che rende viva una società, non è possibile rinunciarvi, e nessuno può permettersi arbitrariamente di togliere la vita a qualcun altro, come testimoniato dalla moglie di Kirk, Erika che con grande coraggio ha affermato: “Nessuno dimenticherà il nome di mio marito, la sua eredità non morirà, il suo movimento diventerà, più grande, più audace, più forte che mai, non ci arrenderemo mai”.
Occorre aprire una riflessione profonda, e che tutti gli interlocutori facciano lo sforzo di depurare il confronto anche aspro dagli estremismi, evitando eccessi ed espressioni violente, ritornando a forme di discussione e atteggiamenti più consoni, ci si confronta sulle idee non eliminando le persone. È triste constatare che la politica europea non ha saputo compattarsi di fronte ad un fatto tanto grave, rifiutando su proposta degli eurodeputati conservatori, di indire un momento di silenzio prima dell’inizio dei lavori, il dolore non ha colore, e non dovrebbe in alcun modo essere oggetto di strumentalizzazione da parte di nessuno.



