“Boschi in Irpinia. Quale futuro?”: un tema molto complesso, un mondo da scoprire, e che verrà fuori nel corso del convegno organizzato a Bonito, martedì primo aprile. A promuovere l’iniziativa le associazioni Costruire il futuro, Lo Muraglione e La Pro Loco. Interverranno, tra gli altri, i consiglieri regionali irpini, un rappresentante della Provincia, il presidente dell’Uncem Campania.
E veniamo al fatto. Nel mese di settembre dello scorso anno l’Amministrazione Provinciale ha restituito, con una lettera inviata ai destinatari, i terreni ai legittimi proprietari, da decenni gestiti con occupazione temporanea per lavori di rimboschimento. Una vicenda che sta sollevando molte reazioni e preoccupazioni diffuse, e che tra origine dal passato, quello segnato dalle leggi nel settore forestale e dalle lotte degli operai forestali in Irpinia.
Raffaele Beatrice, tra gli organizzatori del convegno, fa sapere che dalla metà degli anni ’70 del secolo scorso ci sono state importanti riforme sul decentramento di funzioni sia amministrative che legislative: «Le più importanti sono state la legge n. 3 del 1974 che istituisce nella nostra Regione 24 Comunità Montane di cui 6 in provincia di Avellino; la n. 28 del 1974 relativa al piano di riforestazione e di bonifica montana; la legge n. 57 del 1975 per la difesa e conservazione del patrimonio boschivo dagli incendi; la n. 51 del 1978 relativa a norme per la programmazione, il finanziamento e l’esecuzione di opere di pubblico interesse; la legge n. 27 del 1979 in materia di economia e bonifica montana e difesa del suolo e le modifiche ad essa apportate in anni successivi. Tutte queste leggi sono state sostenute con convinzione dal movimento sindacale unitario, per il loro valore programmatico e sociale. E in Campania sono stati soprattutto i braccianti della provincia di Avellino con i sindacati di categoria Federbraccianti-Cgil, Fisba-Cisl e Uisba-Uil a lottare per il diritto al lavoro, per il rispetto delle fasce occupazionali e per i finanziamenti nelle zone montane e collinari attraverso manifestazioni provinciali e regionali».
Beatrice continua:«A caratterizzare queste lotte sono stati gli “scioperi a rovescio” per complessive 5.700 giornate di lavoro irregolare. Di questo numero 2.970 sono stati portati avanti unitariamente dai sindacati di categoria e 2.730 dalla sola Federbraccianti-Cgil. I dipendenti del settore forestale da poche centinaia nel 1975 sono diventati 2.330 alla data del mese di dicembre del 1982.
Il movimento sindacale ha appoggiato gli interventi pubblici per le zone montane e si è schierato sia per il trasferimento delle competenze gestionali alle Comunità Montane e alle Amministrazioni provinciali sia per una programmazione che coinvolgesse gli Enti locali, i lavoratori e i cittadini. Oggi, come negli anni settanta, la funzione di lavoratori, se ben formati e meglio guidati, resta fondamentale per la salvaguardia, la valorizzazione e la difesa dei nostri boschi».
E ancora: «Dal libro “Lotte bracciantili in Irpinia”, il documento votato all’unanimità dai delegati forestali della Federbraccianti-Cgil il 16.07.1982 recita: a) affidare agli Enti delegati (Comunità Montane e Amministrazione Provinciale) il coordinamento e la gestione delle risorse e degli interventi per le opere di forestazione, di sistemazione idraulica, di imbrigliamento, di difesa idrogeologica, di prato-pascolo e di impianti di colture arboree e fruttifere; b) recuperare alla produttività tutti i terreni incolti e abbandonati e le aree interessate dal sisma del 23 novembre 1980 ai fenomeni franosi con progetti di forestazione produttiva a rapido accrescimento; c) costruire in tutte le terre disponibili pubbliche e private progetti finalizzati per nuovi impianti di castagno, di viti, di olivi e progetti per la coltivazione razionale delle piante officinali; d) istituire per questa molteplicità di operazioni e di interventi corsi di qualificazione e di specializzazione almeno per i lavoratori più giovani».
Ci sono altre considerazioni da fare, e che emergeranno nel corso dell’importante convegno a Bonito.
Quali sono oggi le preoccupazioni dei proprietari privati: intanto il vincolo forestale applicato ai terreni restituiti dalle Comunità Montane e dall’Ente Provincia si tramanderà all’infinito per generazioni; il vincolo forestale imposto determinerà conseguenze negative sia per la commerciabilità sia per la vendita sia per l’affitto dei terreni.
Gli incendi e le cure colturali del bosco: il pericolo principale delle superfici boscate consegnate ai legittimi proprietari sono gli incendi. Difendere i boschi da questi pericoli è la sfida che riguarda soprattutto le Istituzioni per evitare danni imprevedibili e incalcolabili. E’ sbagliato affidare la gestione di un bosco a persone di altre professioni, senza un programma di formazione e senza un euro di incentivo pubblico.
Le scelte dannose: i presidenti delle Comunità Montane irpine hanno rifiutato ogni collaborazione alla preparazione del convegno e senza spiegare i motivi, sottolineano gli organizzatori. Le loro testimonianze sarebbero state preziose perchè avrebbero spiegato con maggiori dettagli l’impatto della legislazione europea, nazionale e regionale sulle aree montane, dove operano anche Enti come i GAL (Gruppi d’Azione Locale) e il Consorzio di Bonifica Ufita. Avrebbero spiegato quali sono i fattori e le difficoltà che intralciano la strada per lo sviluppo nelle aree interne. Il presidente dell’Uncem Campania darà sicuramente il suo contributo in tal senso.
«E’ opportuno e necessario ripensare le scelte di rilascio dei terreni e iniziare una fase di trattative per rimediare agli errori degli Enti delegati», conclude Raffaele Beatrice. Sono tante le testimonianze che vanno in questa direzione. Una arriva dalla famiglia Di Vito, per i fatti accaduti alla proprietà di uno dei fratelli: dopo quasi cinque lustri di gestione della Provincia, l’ente restituisce, nel 2024, il fondo agricolo che aveva occupato in via temporanea nel 2000 e stabilisce che i proprietari debbano provvedere alla manutenzione e alla pulizia. Ma in tutto questo tempo il bosco non è stato mai realizzato, cosa che solo un ente pubblico può fare, e anche perchè, come ricorda Mario, uno dei fratelli Di Vito, i proprietari sono privi di mezzi e strumenti e competenze per mantenere un bosco in ordine. L’invito dei fratelli Di Vito è rivolto agli enti pubblci, Regione, Provincia e Comune ad accorpare tanti piccoli fondi agricoli destinati a bosco, per una gestione in proprio o per affidarli alle associazioni forestali che potrebbero, oltre che curare il bosco e proteggere il suolo, dare ampie opportunità alla diffusione e alla crescita della fauna selvatica».
Situazione simile anche per la signora Valeria Miletti, a cui sempre la Provincia ha comunicato la decisione di restituire i terreni in occupazione temporanea con sospensione dell’indennità, e indicando di provvedere, in proprio, all’ordinaria manutenzione e pulizia dei fondi. La nota di risposta della signora Miletti è stata protocollata negli uffici della Provincia il 25 marzo scorso: in essa sottolinea la difficoltà se non l’impossibilità ad espletare quanto richiesto, anche perché quei terreni non presentano nessun segno di miglioramento, anzi il contrario, e in più zone si presentano come un inestricabile roveto, in altri punti sono discariche a cielo aperto. La signora Miletti chiede di poter avere un incontro con i responsabili dell’ufficio tecnico-settore forestazione, per arrivare ad una soluzione condivisa.