Sono trascorse meno di ventiquattr’ore dall’inaugurazione del suo secondo settennato e già ci si chiede fino a che punto l’”agenda Mattarella” possa diventare l’agenda del Governo e del Parlamento per questo scorcio di legislatura e per la prossima. L’obiettivo è ambizioso: si tratta – ha detto il Capo dello Stato – di “riannodare il patto costituzionale tra gli italiani e le loro istituzioni libere e democratiche”, un compito al quale sono chiamati a collaborare Governo, Parlamento, partiti politici, le articolazioni della società civile, i sindacati, la cultura. Come? La prima risposta è arrivata dal Partito democratico e già prefigura un salto di qualità nella politica e nei rapporti istituzionali. Le due capigruppo di Camera e Senato Serracchiani e Malpezzi, pare su impulso del segretario Enrico Letta, hanno chiesto ai presidenti delle Camere di aprire “una sessione di dibattito parlamentare sul seguito da dare al discorso di insediamento del presidente Mattarella per trasformare gli applausi scroscianti in atti concreti”. E Letta ha subito proposto di individuare rapidamente lo “strumento parlamentare” più idoneo per dare attuazione alle “sollecitazioni” espresse nello “straordinario discorso” di Mattarella.
Si va verso un dibattito in parallelo fra Camera e Senato, o addirittura, come azzarda qualcuno, e come sembrerebbe non escludere il capo dei Cinque Stelle Giuseppe Conte, verso una bicamerale forse col compito limitato di riscrivere i regolamenti parlamentari? E’ presto per arrivare a conclusioni, ma l’accelerazione impressa da Mattarella ha aperto un percorso ancora tutto da esplorare. Per non dire di quell’accenno al “patto costituzionale” da riannodare che sa tanto, questo sì, di seconda Repubblica, visto il punto d’approdo sconfortante della prima. Ma allora è legittimo chiedersi quale sia, alla luce di queste considerazioni, il ruolo che Sergio Mattarella intende svolgere nel suo secondo settennato. I “giorni travagliati” della scorsa settimana hanno segnato un punto di non ritorno oltre il quale si può solo tentare di costruire una nuova trama di rapporti politici e istituzionali, un’architettura nella quale il Presidente della Repubblica, fedele interprete della lettera e dello spirito della Costituzione, si pone con naturalezza quale garante della legittimità dei poteri dello Stato e del loro corretto esercizio. Si è molto discusso, alla vigilia, di una torsione presidenzialista e semipresidenzialista del ruolo del Capo dello Stato, favorita dall’elezione diretta; ma non sembra proprio questa la prospettiva in cui si colloca Sergio Mattarella, che invece individua correttamente nel Parlamento il baricentro del sistema, “il luogo dove si costruisce il consenso attorno alle decisioni che si assumono”, “il luogo dove la politica riconosce, valorizza e immette nelle istituzioni ciò che di vivo emerge dalla società civile”. E’ allora ipotizzabile che sarà il parlamento, insieme al Governo Draghi, nato su suo diretto impulso, l’interlocutore privilegiato del Presidente nel suo secondo mandato, tramite l’individuazione di nuove regole “per favorire una stagione di partecipazione”, per costruire una dimensione sociale della dignità, a forte impronta etico-morale che chiami in causa la società in tutte le sue articolazioni. Un’agenda di Mattarella per il Governo e per l’Italia.
di Guido Bossa