E’ stato “L’albero di nespole” di Giulietta Fabbo ad inaugurare il 2 settembre scorso, a Villa Amendola, la rassegna Avellino letteraria, voluta e coordinata dal direttore artistico Annamaria Picillo, salotto letterario ormai consolidato della città di Avellino. Proprio Picillo ha posto l’accento sul valore di cui si carica la rassegna “Il vuoto della memoria, l’assenza delle radici storiche e il senso di appartenenza, continuano ad essere gli elementi che caratterizzano la rassegna Avellino letteraria. Combattere il senso di isolamento che percepiscono e vivono i giovani soprattutto, il senso di solitudine che vivono gli anziani, il senso di sconfitta di coloro che non possono vantare un ruolo sociale da esibire. Una sfida che non si può affrontare da soli, ma assieme. Quello che occorre è una reale adesione di un confronto sincero e leale da parte di tutti i protagonisti della nostra comunità. Dobbiamo restituire una visione a un territorio che è pieno di opportunità, ma che non può continuare a camminare individualmente e non come squadra. Sensibilizzare le persone ai temi della conoscenza, della tutela e della valorizzazione del patrimonio e dell’ identità locale e contemporaneamente favorire gli atteggiamenti mentali significa coinvolgersi nella vita e verso la propria area territoriale. Insomma attraverso l’assunzione di responsabilità sociale e civile integrare la storia e la cultura”. Quindi a confrontarsi sul romanzo della professoressa Giuletta Fabbo, docente al liceo Colletta, insieme ad Annamaria Picillo, la professoressa Rosa Mannetta, la Dirigente Amalia Carbone. Ad accompagnare l’incontro l’interpretazione da brividi di Simone Roca e le esecuzioni musicali di Pasquale Bruno. Ad introdurre l’incontro Stefania Marotti. A portare i propri saluti Edgardo Pesiri, alla guida dell’associazione intitolata a Carlo Gesualdo
A rivivere nel romanzo le vicende di una famiglia meridionale dal 1938 ai giorni nostri, sullo sfondo le misere condizioni dei contadini, l’emigrazione verso il sogno americano, gli orrori della guerra, la lenta ripresa postbellica, l’avvento delle tecnologie, il boom economico. Al centro della narrazione il tema dell’amore e della famiglia, ma anche il tema della nostalgia di casa e del paese natio, la forza che arriva dal legame con le radici. Come in un film, il paese di Prata fa da sfondo a molti degli avvenimenti narrati, con la descrizione minuziosa di famiglie, monumenti, luoghi e tradizioni. L’albero di nespole del titolo diventa il punto in cui si incrociano tutte le storie dei protagonisti del romanzo, ma anche il simbolo dell’amore irresistibile per la propria famiglia e per il luogo. A concludere il confronto l’autrice, che ha ribadito come anche di fronte alle avversità bisogna mantenere la speranza e cercare la propria strada senza farsi condizionare dal passato.