“Una poesia che conquista il cuore senza diseredare la ragione”. Spiega così Carlo Di Lieto la forza della nuova silloge poetica di Nicola Prebenna, una vita dedicata alla scuola, poeta e scrittore. Il volume sarà presentato il 16 dicembre, alle 17, presso la Biblioteca di Biogem ad Ariano A confrontarsi con l’autore Ortensio Zecchino, presidente Biogem, il preside Virgilio Iandiorio, il critico Carlo Di Lieto. Coordina Cristiano Colangelo. “Il Poeta, con un’immedesimazione proiettiva – scrive Di Lieto nella preziosa prefazione che introduce il lettore alla raccolta – rende visibili gli sconfinamenti dell’io, visti nella prospettiva psicoanalitica dell’attività onirica come “via regia della conoscenza dell’inconscio del Poeta”. Un itinerario in cui l’io abbraccia costantemente l’altro “L’ascolto dell’altro da sé è costante; nell’evoluzione coscienziale, talvolta, le istanze dell’io diventano un obiettivo da perseguire, senz’altro utile, per comprendere, fino in fondo, i limiti delle umane possibilità. L’altra faccia della luna è il perturbante, per il Poeta, perché transita in direzione di un senso ulteriore del registro psichico, con un forte “spaesamento” dell’io; la teatralità del l’immaginario, senza grandi sconfinamenti, porta ad una costante verifica del “mal di vivere”, testando una sensibilità eccezionale, affidata all’affabulazione”.Un perturbante che non può fare più paura “In questa densa scrittura poetica si passa dall’intimismo allo spazio colloquiale, su tematiche esistenziali di notevole rilievo; l’inattesa consonanza con l’altro nasce da un’intollerabile solitudine, che insidia il Poeta. Nonostante tutto, la purezza dei suoi sentimenti è protesa empaticamente all’impulso vitale della pacificazione interiore”. Ci troviamo così di fronte a versi che consegnano un io lacerato e inquieto, che trova nella condivisione, nella relazione con gli altri l’unico balsamo alla propria sofferenza “Non ho strade da additare se non quella – scrive Prebenna – che mena dritto alla casa comune/per tutti acconcia e ospitale, ben al di là/degli orpelli che l’ornano per decoro,/vanagloria, pietà, ed al mausoleo di famiglia,/ben misera cosa anch’esso; lezione/per i cari che con la mente spesso/vi faran ritorno e l’unico messaggio/che mi premuro che non smettiate mai,/ finché vi sarà possibile, vivete in armonia con gli altri, con il mondo, con il vostro cuore disposto all’abbraccio”.
Le sue parole risuonano come un vero appello alla pace, unica speranza per l’uomo di fronte a una vita che non risparmia tempeste, dominata da egoismi e tensioni individualiste. Ecco che la natura diventa così spazio in cui trovare rifugio consolazione e incontrare sè stessi “La vita somiglia a te e in te si rispecchia:/nubi e timori s’appalesano presto/e ti tengono compagnia per lungo ordine/di anni e poi di colpo squarci improvvisi/di dardi di fuoco quiete inducono/all’animo in pena e così, sereno/per il presente che mi nutre mentre/in te m’immergo e mi rendo beato”. La natura si fa sempre specchio dell’animo dell’uomo e simbolo di speranza “se il sole/squarcia le nubi, che almeno il buonsenso/sfilacci l’ardore sbilanciato di buio/assoluto e di salto profondo nel precipizio/orrido e senza speranza”. Per ribadire come arte e bellezza siano sempre strumento di crescita, unica arma da imbracciare “Non mi dispiace che oggi ciascuno/a modo suo celebri il traguardo raggiunto;/a me basta che il traguardo tagliato in solitario/la porta m’abbia aperto che mi ha offerto/agli altri, al mondo, alla vita, fatto accorto e sensibile cultore del bene e del bello;/ed anche con qualche errore ho continuato/a crescere e prosperare”.



