di Virgilio Iandiorio
Lasciano in me poco entusiasmo le mobilitazioni collettive per Gaza, non per un atteggiamento anticonformistico ma perché sono contrario ad ogni forma di persecuzione e alle giustificazioni che se ne possono dare.
Ho ritrovato tra i miei appunti, quando nei primi anni di insegnamento mi piaceva registrare tutto quello che accadeva nella classe e nell’istituto dove insegnavo, una annotazione che mi ha fatto pensare al mio atteggiamento davanti ai tragici fatti dei nostri giorni.
“Singolare protesta di uno studente del Liceo di Sant’Angelo dei Lombardi. Ha voluto assumersi (se ne parla tanto in classe) almeno per questa volta le proprie responsabilità. Con una lettera indirizzata al preside dell’istituto, il giovane studente A. D. C. [peccato che non scrissi il suo nome per intero] ha tenuto a precisare che si assentava dalle lezioni del 30 gennaio 1979 per protestare contro la violenza delle Brigate Rosse e in particolar modo contro il barbaro assassinio compiuto a Milano del magistrato Emilio Alessandrini il 29 gennaio.
Non c’era per condannare l’assassinio la folla delle grandi occasioni, dei grandi cortei, delle grandi assemblee d’istituto, quelle per intenderci pilotate e guidate dai mass media. Una protesta singolare, anche nel senso etimologico del termine [protestari verbo della tarda latinità, composto dalla preposizione pro- e dal verbo testor, testaris che significa « dichiarare pubblicamente»]. Ma una protesta più autentica e sincera, non ammannita o pilotata dai mass media, era quella dell’alunno che da solo protestava contro coloro che avevano ucciso il giudice Alessandrini”.
Può essere utile avere presente questa massima di René Girard (1923-2015), critico letterario e antropologo francese: “Oggi non è più possibile perseguitare se non in nome delle vittime”. Equivale a mettersi l’anima in pace, con la convinzione di perseguire un giusto fine. E poi c’è il riflesso condizionato dinanzi a fatti di violenza: c’è chi cerca di giustificarli (si veda l’intervento sovietico nella rivolta unghere del 1956), chi è portato a minimizzarli (come quando fatti gravi riguardano nostri familiari) e chi scarica la colpa sugli altri (pensiamo alla guerra in Ucraina). Veramente il riflesso condizionato è un campo largo, anzi larghissimo.