Di Mino Mastromarino
Avvio dell’anno scolastico. Vecchi e nuovi problemi. C’è tuttavia una questione di cui si parla colpevolmente poco, ma che rischia di corrodere le fondamenta del nostro sistema educativo, dagli asili all’università.
Le discipline oggetto di insegnamento non rispondono più ad alcuna gerarchia didattica. I corsi universitari, complice la scellerata riforma del 3+2, sono intestati, quasi in tutte le facoltà, ad una girandola di materie, le più improbabili e astruse. Conflitti ambientali e sostenibilità territoriale, tecnica biometrica, cinema d’avanguardia. Inutile e pericolosa proliferazione di cattedre. Ma è nella scuola primaria e secondaria che precipitano – purtroppo – i più deleteri pruriti e le bizzarrie di un pedagogismo fuori controllo.
E’ il caso delle cosiddette competenze trasversali. A bambini che ancora non hanno acquisito i rudimenti della grammatica e dell’aritmetica si propina la didattica di un non meglio precisato civismo, o peggio si pretende di imporre l’educazione sessuale, o affettiva o sentimentale. Addirittura si immagina di poter insegnare l’empatia. La iattura e la minaccia risiedono in entrambe le parole: ‘competenze’ e ‘trasversali’.
La prima è incompatibile con la funzione e la struttura della Scuola, tanto che dovrebbe essere bandita dal vocabolario educativo, giacchè indica un’abilità specifica che può e deve essere assunta solo dopo il completamento dei cicli scolastici. La seconda è l’attributo di ciò che interseca, presupponendolo e integrandolo, un percorso lineare. Mancando questo, non ha alcun senso discutere dei possibili benefici formativi della trasversalità disciplinare. Affrontare la complessità del reale implica la conoscenza del generale. Una scuola frammentata non è una scuola.