Un ricercatore mite e gentile, che non ha mai spesso di applicare ai suoi studi il rigore che gli derivava dalla formazione scientifico, consapevole del valore della memoria. E’ il ritratto di Armando Montefusco consegnato nel corso dell’incontro promosso dall’Archivio di Stato, in occasione della presentazione del sesto volume della collana dedicata ai “Contributi per la storia di Avellino e dell’Irpinia”. Il direttore dell’Archivio di Stato Lorenzo Terzi pone l’accento sul ruolo cruciale svolto da Montefusco nella ricostruzione della memoria di Avellino, sottolineando la volontà di fare dell’istituto uno spazio in cui i ricercatori miti e gentili come lui possano sempre sentirsi a casa. E’ quindi il professore Francesco Barra a ribadire la passione per la ricerca storica che lo ha contraddistinto fin da giovane, malgrado fosse un chimico di professione: “Una passione da cui sono nati i sei volumi dedicati alla storia di Avellino. Una storia che fino agli anni Ottanta mancava di una memoria scritta, basata sui documenti, di qui l’idea di reinterpretare i dati per colmare i vuoti esistenti nella narrazione, offrendo un contributo decisivo, in particolare, alla ricostruzione dell’Avellino medievale e moderna. Le immagini e tavole che impreziosivano i suoi lavori non erano mai un semplice corredo ma erano uno strumento per chiarire e aggiungere nuovi dettagli. Da artista quale era, leggeva il territorio e lo interpretava con spirito di amore”. Quindi si sofferma sui contributi dell’ultimo volume dedicati “alla strada parallela al Corso, quella che sarà Corso Europa, che andava dal Palazzo delle Poste al fondovalle Fenestrelle con i suoi palazzi o ancora sulla via ferdinandea che collegava Avellino alla Valle Caudina fino all’ospedale San Giacomo di Monteforte, la cui storia è strettamente legata a quella della via regia delle Puglie e alla storia dell’assistenza sanitaria in Irpinia. Prezioso anche lo studio da lui dedicato ai primi focolai della Carboneria a Monteforte”.
E spiega che “Sarebbe bello ricomporre in maniera omogenea i filoni della sua ricerca” per ribadire come “E’ stato un sacerdote della cultura che non ha mai ricevuto onori, nè finanziamenti, mosso solo dalla passione per il territorio”. E’ quindi il direttore del Corriere dell’Irpinia Gianni Festa a soffermarsi sulle tre qualità che erano parte di Armando “Mitezza, umiltà e straordinarietà. il Corriere dell’Irpinia era la sua seconda casa, non c’era giorno che non venisse a salutarmi parlando del suo nuovo progetto di ricerca. Con lui nacque la Biblioteca del Corriere, accolsi con entusiasmo la sua proposta di offrire un contributo con il giornale a promuovere la ricerca sul territorio. Ogni volta, scopriva particolari o notizie inedite sulla città, c’era sempre una piazza, una chiesa, su cui fare luce. Anche la politica era per lui sempre al servizio della cultura. Era un intellettuale autentico”. Tocca, poi, a Geppino Del Sorbo amico di una vita ricordare come Armando non abbia mai smesso di lavorare, da questo impegno nasce il video dedicato al Parco del castello, al giardino e al Casino del Principe, fiore all’occhiello della città al tempo dei Caracciolo, poi distrutti durante la rivolta del 1647. Un patrimonio conservato in parte nell’ipogeo della Casina del Principe”. Tante le testimonianze e gli omaggio degli amici. Giovanna Della Bella, prezioso riferimento per Montefusco per le sue revisioni, ricorda l’entusiasmo che animava le sue ricerche, Franco Festa pone l’accento sulla sua volontà di stare lontano dai riflettori, qualità che l’accomunava a Carlo Franciosi, Annibale Cogliano si sofferma sulla moderazione come ricchezza, sulla sua forza straordinaria nell’affrontare sofferenze, Agostina Spagnuolo ne ricorda la generosità nel condividere le ricerche mentre Pellegrino Caruso spiega come amasse trasmettere la memoria della città alle nuove generazioni, come testimonia la partecipazione ai progetti promossi con le scuole. E’, infine, il figlio Roberto Montefusco a ringraziare per l’affetto nei confronti del padre “Sarebbe bello che la città decidesse finalmente di dedicargli uno spazio”.




