Un itinerario nella storia della massoneria di Napoli rigoroso e insieme carico di suggestioni. E’ quello che consegna “Le 99 vie massoniche. La città dei fratelli: la storia della Massoneria meridionale nella toponomastica” del giornalista partenopeo Antonio Piedimonte, edizioni Sub Rosa (in vendita su Amazon in versione cartacea). Piedimonte parte dalla constatazione di come Napoli abbia rappresentato una delle capitali della massoneria europea “Un arcano e simbolico spazio all’interno del quale la filosofia, la magia e il sacro hanno incrociato saperi, conoscenze e visioni”. Lo testimoniano le tante strade, vicoli e piazze della città che portano il nome illustri appartenenti alla Libera-muratoria. Un legame, quello con la massoneria, che è scritto nella storia di Napoli in cui si intrecciano miti e magia. Dalla sirena all’origine della fondazione di Napoli alla leggendaria Sibilla cumana, magica profetessa dai grandi poteri che dimorava nei dintorni del lago d’Averno, dai monaci alchimisti agli ordini cavallereschi medievali, difficile non pensare al capoluogo partenopeo senza quel patrimonio di superstizioni e leggende che l’accompagnano.
Piedimonte si sofferma sulle origini del fenomeno della massoneria a Napoli. E’ il 1728 l’anno in cui il Gran Maestro della Loggia Madre Lord Henry Hare, barone di Coleraine, riceve una richiesta da parte di alcuni fratelli di Napoli di costituirsi in loggia. Sarà quindi il direttore d’orchestra Francesco Xaverio Geminiani a tornare a Napoli per fondare la “Perfetta Unione”. Tanti anche i documenti che attestano la presenza di analoghe esperienze legate a stranieri di passaggio nella capitale, a conferma di come non sia facile fare chiarezza sul fenomeno massoneria. Ed è sempre Napoli nel ‘700 ad accogliere quella che sarà una delle più famose ville iniziatiche d’Europa, villa Heigelin, nella parte bassa di Capodichino, tra ricevimenti e seminari massonici. Tra gli ospiti anche personaggi del calibro di Wolfgang Goethe e Percy B. Shelley. Un itinerario che prosegue nel 1804 con la Divisione del Grande Oriente dell’Armata d’Italia sotto il venerabile Giuseppe Lechi e nel 1806 con la nascita del Grande Oriente di Napoli, alla guida del quale è posto Giuseppe Bonaparte. Il fenomeno cresce a dismisura. Nel 1813 le logge raggiungono quota novanta, tra cui l’Umanità di cui è maestro Pietro Colletta. La stessa statua di Gioacchino Murat in piazza del Plebiscito, ci spiega Piedimonte, rappresenta una delle più antiche testimonianze della massoneria napoletana. Ed è ancora Napoli ad accogliere la pubblicazione, nel 1820, de “Gli Statuti generali della Società dei Liberi Muratori del rito scozzese antico ed accettato”. Nè è un caso che muova da qui i suoi passi la Carboneria, anch’essa organizzazione paramssonica.
Piedimonte costruisce, partendo da due testimoni d’eccezione come Raimondo di Sangro di Sansevero e Antonio de Curtis, in arte Totò, gran maestri della massoneria, un itinerario esoterico tra tufi, marmi, bronzi, acciaio e carta stampata, ripercorrendo le vicende di di personaggi strettamente legati al movimento. Un itinerario che non può non partire da via Caracciolo, il lungomare considerato tra i più belli al mondo intitolato all’ammiraglio della flotta di Napoli Francesco Caraccaiolo. Non può non cogliere il vento del cambiamento che attraversa l’Europa del Settecento, gli ideali di libertà, tolleranza e giustizia sociale, lo avvicinano alla massoneria, spingendolo a chiedere di essere accolto nella loggia “La Perfetta Unione” di Napoli. Deluso dalle scelte del sovrano non esiterà ad aderire alla Repubblica partenopea del 1799. Un percorso che passa in rassegna figure come il giornalista e parlamentare Giovanni Amendola che sin da giovane si appassiona allo studio dell’esoterismo, tanto da cominciare a scriverne sul giornale Il capitale ed entrare in contatto con i vertici della Società teosofica. Frequenta il cenacolo internazionale guidato dalla scrittrice Isbale Cooper Oakley fino ad approdare alla loggia Gian Domenico Romagnosi di Roma. O ancora il giurista Gaetano Filangieri che, dopo aver frequentato gli ambienti latomistici cittadini, sarà accolto nella loggia L’Uguaglianza, dove ricoprirà il ruolo di Maestro Venerabile. Non smetterà di denunciare i limiti dei governanti e conserverà un forte legame con Benjamin Franklin, maestro venerabile de “Les Neuf Soeurs”, offrendo un contributo alla costituzione giuridica degli Stati Uniti. Grande attenzione è rivolta anche alla galleria Umberto I, progettata da un libero-muratore l’ingegnere Emanuele Rocco, ricordato da un busto e una targa incastonati nel braccio che dà su via Santa Brigida. Non è un caso, ci spiega Piedimonte, che proprio lì, sin dal lontano 1916, si trovi la sede campana del Gran Oriente, una presenza interrotta solo durante il periodo fascista. L’intera struttura della Galleria è caratterizzata da rimandi allegorici e simbolici, di ambito mitologico. La stessa forma ottagonale che caratterizza tutto l’impianto rimanda a un concetto base delle dottrine iniziatihce, quello di rinascita-resurrezione e insieme fa riferimento all’equilibrio cosmico delle forme e delle energie con il numero sacro 8 che ricorre anche nelle figure femminili che si possono vedere. A caratterizzare la galleria anche le rappresentazioni della Fisica e della Chimica che richiamano la Scienza e il Progresso, riferimento del pensiero massonico.
Di notevole interesse anche il ritratto che Piedimonte dedica al venerabile Antonio De Curtis, l’amatissimo Totò, di cui qualche anno fa è emerso il testamento massonico “Che cosa dovete a voi stesso? Niente all’infuori del miglioramento spirituale”. L’appartenenza del grande attore alla Massoneria era nota da tempo, tanto che qualche giorno dopo la sua morte apparve sulle pagine de “Il tempo” il necrologio della sua loggia la ‘Fulgor Artis’. Un’appartenenza rivendicata con forza dal gran maestro del Grande Oriente d’Italia Virgilio Gaito in occasione delle celebrazioni del centenario della nascita. Tanto che nel 2012 la Gran Loggia d’Italia gli ha conferito il 33° grado alla memoria nel corso di una cerimonia a cui ha partecipato la figlia Liliana De Curtis. L’adesione di Totò al movimento risalirebbe al 1925 con l’ingresso nella loggia Nazionale di Roma. Un’attività proseguita, dopo la fine delle presecuzioni della dittatura fascista con la netta condanna da parte di Mussolini, anche nella sua Capri, a Villa Alpha dove fu autorizzato a “iniziare profani, risvegliare massoni provenienti da altre giuridizioni, costituire triangoli e logge e conferire gradi per l’Oriente di Capri, utilizzando l’antica consuetudine detta ‘sulla spada”. A sintetizzare le idee massoniche è anche una delle sue opere più amate “A livella”, simbolo che rimanda alle origini leggendarie dell’ordine, espressione di equilibrio interiore, collegamento tra la dimensione metafisica e quella sensibile. A lui è intitolato nella città di Napoli solo un vicoletto parallelo a via Foria. Un itinerario che prosegue con Salvatore Quasimodo, Giovanni Ansaldo, simbolo della rinascita della stampa meridionale nel dopoguerra, Gioacchino Murat, il re massone, il filosofo e parlamentare Giovanni Bovio, Eleonora Pimentel Fonseca, Pietro Colletta o ancora Arturo Toscanini e Niccolò Paganini
Floriana Guerriero