Dalle sfide della genetica al senso dell’esistenza fino al corretto uso degli antibiotici. Tanti gli spunti di riflessione nella seconda giornata del meeting arianese “Le due culture”, dedicato quest’anno a “Gli organismi viventi che si trovano negli organismi viventi”. Una giornata aperta dall’incontro con i ricercatori di Biogem di Richard Roberts, aggiudicatosi nel 1993 il premio Nobel per la medicina «per la scoperta dello splicing dei geni». Roberts ha sottolineato l’importanza del lavoro portato avanti dall’istituto di ricerca arianese, un lavoro che sarà decisivo per il futuro del pianeta.
Nel pomeriggio è stata la professoressa Giulia Marchetti a soffermarsi sull’importanza di educare ad un uso corretto degli antibiotici per evitare il rischio di sviluppare infezioni da batteri resistenti agli antibiotici, particolarmente diffuse anche negli ambienti ospedalieri. “Purtroppo, molto spesso gli antibiotici più comunemente prescritti sono quelli ad ampio spettro, che risultano i più pericolosi, utilizzati sempre per un intervallo di tempo troppo lungo. Di qui la necessità di una corretta educazione e di programmi di controllo, se vogliamo fare sì che gli antibiotici continuino a salvarci la vita. Di grande utilità la classifica che è stata formulata che consente di distinguere tra antibiotici che possono essere assunti più frequentemente e farmaci da assumere solo in caso di necessità”. E ricorda come “Anche durante il Covid i dati ci dicono come gli antibiotici siano stati utilizzati male”. Di notevole interesse il focus dell’etologo Donato Antonio Grasso, dell’Università di Parma, sul fascinoso mondo delle formiche, frammento di natura che abbraccia l’intera natura, alla scoperta dell’intelligenza collettiva dei “più sociali tra gli insetti”, in cui la comunità finisce per autoregolamentarsi.
Quindi spazio al dibattito sul concetto di vita tra riflessione filosofica e ricerca scientifica tra il chimico Giovanni Villani e la bioeticista Luisella Battaglia, moderati dal professore Mario De Felice, già direttore scientifico di Biogem. Battaglia sceglie di partire dalla distinzione tra la vita da cui noi siamo pervasi e il “bios”, da intendersi come vita individuale a cui conferiamo senso e significato. “Dal punto di vista di chi si occupa di bioetica – spiega Battaglia – il primo problema che si pone è quello di comprendere quando comincia la vita. Chi crede nella sacralità della vita, pensa che sia un dono, di qui le inevitabili conseguenze sul discorso del fine vita e delle nuove tecnologie riproduttive. Diversa è la posizione di chi pensa che la vita sia un bene di cui ciascuno può disporre con la massima libertà”. Richiama il ruolo centrale dell’etologia in questa riflessione, citando Lawrence che distingue l’uomo come essere indeterminato e perciò speciale. “L’indeterminazione è elemento ambivalente, perchè spinge l’uomo ad andare al di là dei suoi limiti, a decidere ciò che vuole essere. Indeterminazione che si affianca alla curiosità”. Villani introduce la definizione di vita come “Sistema complesso, organizzato, adattivo ma non necessariamente evolutivo”. Per ribadire che “Se accentuiamo la differenza tra animale e uomo non riusciamo a spiegare la nascita dell’uomo. Né è utile contrapporre razionalità all’emozione. E’ chiaro che la vita non può essere ridotta a semplici sostanze chimiche”. Fino alla messa in discussione della visione antropocentrica nella ricerca della vita che ancora caratterizza una parte dell’universo scientifico. Sulle creazione di organismi in laboratorio Battaglia richiama l’etica della responsabilità “legata alle previsioni delle conseguenze delle nostre azioni. Avendo un potere smisurato dovremmo coltivare un più forte senso di responsabilità, rinunciando anche ad alcuni benefici della genetica, se lo riteniamo necessarie. Le scienze ci pongono domande ineludibili e noi filosofi dovremmo rispondere alla luce delle questioni del presente nel rispetto di categorie consolidate come giustizia e libertà ma avendo anche il coraggio di rivisitare questi concetti”. E ribadisce come “Ciascuno è chiamato a trovare il senso della propria esistenza”. A concludere la giornata il nefrologo Loreto Gesualdo e con i suoi studi sul microbiota e le malattie cronico-degenerative.
Domani, alle 16:30, protagonista il Premio Campiello 2019 Andrea Tarabbia con il suo intervento sulla “letteratura come luogo della complessità”. Seguirà il rigore scientifico della professoressa Maria Gabriella Santoro, che aprirà un focus sui nostri rapporti con i virus e sulle lezioni da trarre storicamente, ma anche sulle sfide a cui prepararsi in futuro. Carmen La Sorella racconterà il suo libro ‘Vera. E gli schiavi del terzo millennio’, primo volume di un’annunciata trilogia, intervistata in sala dal collega Marco Demarco. Quindi spaio alle letture scelte da Andrea Tarabbia, commentate al pianoforte dal maestro Antonio Gomena.