Felice Santoro
È il caso di dire nomen est omen nel ricordare il nome scelto dal nuovo papa. Infatti, il pensiero corre immediato a Leone XIII, il papa dei lavoratori, a cui espressamente Leone XIV ha sottolineato di richiamarsi. In tal modo ripropone e rilancia con evidenza l’attualità della Dottrina sociale della Chiesa, chiave di lettura e possibile risposta, quindi, non solo agli scenari industriali e post industriali, ma anche alle nuove tematiche, poste dall’intelligenza artificiale, che interpellano giustizia sociale e dignità umana.
Con la Rerum Novarum del 1891 si dà inizio alle encicliche sociali. È la prima volta che la Chiesa affronta questioni non legate alla fede in senso stretto; in essa è enunciata la possibilità degli operai di organizzarsi, di chiedere un salario giusto e il rispetto di condizioni di lavoro che salvaguardino la centralità della persona.
Certamente fu uno strumento elaborato per proporre una soluzione alle difficoltà della classe lavoratrice, diversa dall’ottica del marxismo di cui si tentava di frenare l’influenza, ma nello stesso tempo si cercò un legame con le masse popolari e di porsi in opposizione alle classi dominanti e alla loro linee politiche anticlericali. Fu preziosa la pubblicazione nel 1900 del teologo Adolf Harnack dal titolo L’essenza del cristianesimo. Costituì una chiara indicazione alla teologia di confrontarsi con la storia. Papa Pecci apre il confronto con la modernità, supera la dimensione di contrapposizione e di autosufficienza, alla sostanziale intransigenza si affianca una strategia di attenzione e di apertura al mondo. Inoltre si adopera per accorciare le distanze con la cultura e riapre al tomismo.A livello internazionale vi è un allargamento di orizzonte politico. E per Prevost, con un profilo che incrocia Chicago, Perù e Roma, si apre un vasto scenario.
È evocato anche papa Leone I, Leone “Magno”, il grande papa del periodo in cui l’impero romano si andava disgregando. Si caratterizzò per essere espressione di alta dottrina e fervente fautore di percorsi di pace. È stato il primo papa, nel Quattrocento, ad aver ricevuto il titolo di Dottore della Chiesa. Dopo di lui solo Gregorio Magno, tredici secoli dopo, nel diciottesimo secolo. Assai noto fu il suo intervento pacifico che fermò Attila, probabilmente nel mantovano, sul Mincio, mentre stava procedendo verso la conquista di Roma.
Leone XIV è un agostiniano. L’ordine è formato da frati dalla robusta cultura filosofica e teologica. Nel discorso inaugurale la parola “pace” è stata pronunciata dieci volte. “La pace sia con voi! Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante …” e ribadisce subito un punto fermo dottrinario, non una pace generica, ma un dono che per il cristiano “proviene da Dio”.
Ancora, frate Leone fu il migliore amico, testimone, confidente di Francesco d’Assisi. Non fu tra i primi a seguire il santo, ma si aggiunse in una fase successiva. Il rapporto fra Prevost e Bergoglio è stato molto intenso. Il legame è cresciuto nel tempo; con la nomina di due anni fa di Prevost a Prefetto del dicastero per i vescovi ogni sabato mattina si sono incontrati.
Forte è la devozione mariana di Prevost, caratteristica degli agostiniani per la Madonna del Soccorso, come lo è stata per Bergoglio fino all’indicazione della sepoltura a Santa Maria Maggiore, e di Leone XIII che scrisse nove encicliche sulla devozione a Maria.
In comune anche l’essere entrambi provenienti da famiglie di immigrati, di aver operato da pastori in Sud America, la missionarietà dei seguaci di sant’Agostino che si riallaccia al ripartire dalle periferie del pontefice argentino. Si è a lungo parlato di un papa europeo, in particolare di un italiano, con il trio sempre riproposto Parolin-Pizzaballa-Zuppi, di un asiatico, soprattutto filippino, o di un africano; è arrivato un occidentale con lunghi anni vissuti in America del Nord, in Italia e in America del Sud. E la crisi della cultura cristiana con la sua scarsa incidenza è proprio nel Nord-Ovest del mondo dove è risucchiata da un individualismo imperante e da un consumismo sfrenato e ha perso la dimensione profetica. Ed è qui e ora che l’Occidente deve recuperare una luce, un’anima, una nuova e radicata coscienza ancorata ad autentici valori antichi e umani. Che lo Spirito abbia soffiato nella direzione giusta?