di Rosa Bianco
Nel cuore di Avellino, al Circolo della Stampa, si è svolto un incontro dal forte valore civile e culturale: “Pensare il futuro: Politica e tecnica per il bene comune”, promosso dall’associazione Fausto Addesa. Un appuntamento che ha riaperto il dialogo sulla grande tradizione dei cattolici democratici italiani, interrogando la sua attualità in un tempo in cui la politica appare smarrita e il futuro, spesso, disumanizzato.
A introdurre l’incontro è stata Annamaria De Stefano, cofondatrice dell’associazione, con parole intense che hanno restituito la figura di Fausto Addesa: uomo di pensiero e di impegno, interprete di una politica come servizio, ispirata a una visione cristiana, popolare, e radicata nel rispetto della persona e della comunità.
Il dibattito, denso e plurale, ha raccolto le voci di Giancarlo Giordano, presidente dell’assemblea regionale di Sinistra Italiana, Claudio Pellecchia dell’ Università di Salerno e Amalio Santoro, consigliere comunale ad Avellino. Tre prospettive diverse, ma unite dalla convinzione che la politica debba ritrovare la centralità del bene comune – oggi troppo spesso sacrificato all’efficienza o alla propaganda.
Giordano ha denunciato gli effetti negativi della supremazia della tecnica sulla democrazia. Ha evidenziato come essa abbi deformato la democrazia, privilegiando la percezione (spesso distorta) al merito attraverso i social (algodemocrazia), provocato un arretramento sociale e culturale, offrendo una visione individualistica e anestetizzante della realtà e ridotto la politica a mera comunicazione, perdendo la sua funzione costruttiva di creare legami e ponti. Pellecchia ha evidenziato l’importanza del ruolo della politica democratica nell’affrontare le sfide della transizione ecologica e digitale, che può ampliare disuguaglianze e fragilità sociali. Ha richiamato l’enciclica Laudato Sì di Papa Francesco sull’urgenza di una transizione ecologica integrale e citato il nuovo Papa Leone XIV, che nel suo primo discorso ha posto l’attenzione sulle implicazioni della rivoluzione digitale, in particolare dell’intelligenza artificiale, per la dignità umana, la giustizia e il lavoro. Santoro ha evidenziato come oggi la politica sembra essersi ridotta a una semplice gestione tecnica, priva di visione e, soprattutto, priva di desiderio. In questo vuoto di senso.- ha affermato – crescono le disuguaglianze e la democrazia stessa si indebolisce. Ha ricordato che la generazione che ci ha preceduto, pur avendo vissuto la sofferenza della guerra, ha potuto coltivare la speranza di una rinascita, della Repubblica, di un futuro. Oggi invece, viviamo dentro una narrazione spenta, incapace di mobilitare energie – ha continuato – ed è proprio in questo vuoto che si è inserita la destra, sfruttando la crisi della rappresentanza. Per questo serve con urgenza un nuovo slancio politico, capace di restituire senso, visione e fiducia nel futuro.
A concludere i lavori, Antonio Limone – presidente dell’associazione Addesa – ha offerto un intervento che è stato insieme visione e provocazione. Con il suo stile appassionato, ricco di riferimenti culturali e richiami morali, ha centrato una questione cruciale: la tecnica, se priva di coscienza, può diventare il primo passo verso una disumanizzazione silenziosa.
“L’intelligenza artificiale – ha detto – deve essere addestrata su valori significativi.” Un’immagine potente per dire che la tecnologia da sola non basta: servono etica, memoria, senso del limite. Educare la tecnica alla democrazia, e non il contrario: questa è la vera sfida.
Ha evocato un futuro in cui la politica cede il passo agli algoritmi, in cui le decisioni vengono delegate a sistemi che non conoscono la compassione né il contesto umano. E ha lanciato un monito forte: “Estingueremo l’umanità che è in noi se rinunciamo alla cultura, alla solidarietà, alla cura delle nostre biodiversità”.
Limone ha infine rilanciato il senso più profondo del cattolicesimo democratico: un’eredità che non appartiene al passato, ma a un futuro da ricostruire. Una politica dell’ascolto, del sapere incarnato, della responsabilità verso la casa comune.
In un’epoca in cui tutto sembra ridursi a prestazione e calcolo, parole come queste valgono come un atto civile e morale: ricordarci che la tecnica deve servire la vita, non governarla.
In un tempo attraversato da incertezze globali e crisi sistemiche, il richiamo del dott. Antonio Limone alla responsabilità condivisa risuona come un monito necessario. Le sue parole restituiscono dignità al concetto di bene comune, ancorandolo non alla retorica, ma alla pratica quotidiana di competenza, giustizia e impegno civico. Il convegno promosso dall’Associazione Fausto Addesa si conferma così non solo luogo di riflessione, ma laboratorio etico per una democrazia viva, partecipata e orientata al futuro.