Alla vigilia del voto sui presidenti delle camere sono i due partiti usciti vincitori dalle urne a condurre le trattative. Cinque Stelle e Lega hanno raccolto i frutti dell’opposizione. Sono praticamente i soli due movimenti rimasti fuori dal governo negli ultimi sette anni. Forza Italia ha infatti stretto accordi con il PD dalla caduta dell’esecutivo Berlusconi nel 2011. Monti prima e dopo le elezioni del 2013 Letta, Renzi e Gentiloni hanno sempre governato insieme all’ex Cavaliere di Arcore o ad Alfano e Casini che dal centrodestra berlusconiano si erano distaccati.
La novità del voto del 2018 incarnata da Di Maio e Salvini è adesso attesa alla prima vera prova politica. Il primo guida però una lista, il secondo deve fare i conti con una coalizione dove il peso di Berlusconi si fa ancora sentire. I punti di contatto tra Cinque Stelle e centrodestra ci sono ma un conto è trattare sulla presidenza delle camere altro sul governo. Il vero rebus da risolvere è però l’assenza della premessa politica necessaria che fa funzionare il sistema proporzionale e cioè l’esistenza di un terreno comune che consenta, se nessuno vince, a partiti diversi di allearsi fra di loro.
In Germania, ad esempio, dopo mesi di trattative il partito di Angela Merkel e i socialdemocratici hanno trovato l’intesa per un governo di grande coalizione. Due formazioni politiche diverse ma unite prima che da alcuni punti programmatici da un comune sentire. In Italia le tre forze che si sono presentate alle elezioni non si fidano l’uno dell’altra e a volte come nel caso del centrodestra c’è diffidenza persino all’interno dello stesso schieramento.
Ma lo stesso ragionamento si può fare anche per il PD. Il declino di Renzi con la sua momentanea uscita di scena ha dato vita ad una guida collegiale del partito dove però oggi non si capisce chi ha davvero il pallino in mano. La linea che tiene unito il PD è quella dell’opposizione. Abbiamo perso, tocca ad altri l’onere del governo. In casa democratica però si guarda anche alle mosse del Presidente della Repubblica. I cronisti più attenti ci rivelano però che molti esponenti di peso del “Nazareno” hanno come obiettivo quello di assecondare i desideri di Mattarella aiutando la nascita di un governo. Ne fanno parte secondo i rumors Maurizio Martina, Dario Franceschini, Paolo Gentiloni, Walter Veltroni, Graziano Delrio, Andrea Orlando e Carlo Calenda, solo per fare alcuni nomi. Insomma quasi tutte le anime del partito tranne i renziani di stretta osservanza.
A questo processo in corso nel PD sono interessati sia i cinque stelle che il centrodestra. Vincitori senza maggioranza che hanno adesso due possibilità o danno vita ad una intesa oppure danno ai perdenti il ruolo di ago della bilancia. Le sfide che il prossimo governo deve affrontare sono molteplici. Una delle priorità è il nostro rapporto con l’Europa. Come ha ricordato il giurista e irpino di nascita Sabino Cassese l’Italia si governa anche governando le richieste di Bruxelles e la breve e frammentata vita dei nostri esecutivi non aiuta “nei sedici anni di attività come cancelliere – ha scritto Cassese – Kohl ha avuto come interlocutori per l’Italia ben undici capi di governo diversi.
Negli ultimi dodici anni, la cancelliera Merkel ha trattato con sei diversi capi di governo italiani. L’asimmetria tra presenza italiana e presenza degli altri Paesi è evidente. I veloci cambi rendono difficile la nostra partecipazione al governo europeo, che richiede un minimo di continuità. Questa è tanto più necessaria ora, a causa degli importanti lavori in corso in sede europea, l’uscita del Regno Unito e il completamento dell’Unione bancaria, questioni sulle quali la voce dell’Italia è molto flebile”.
di Andrea Covotta edito dal Quotidiano del Sud