Nasce dalla consapevolezza del valore dell’incompiuto come potenziale creativo, come strumento di una pace possibile e non come mancanza il volume di Mirella Napodano, presentato questo pomeriggio all’Archivio di Stato nell’ambito dei Giovedì della Lettura.
A introdurre l’incontro dedicato al Demone dell’Incompiuto”, edito da Terebinto, Lorenzo Terzi, direttore dell’Archivio di Stato di Avellino. A confrontarsi Giovanni Sasso, Presidente della Società Filosofica Italiana – Sezione di Avellino, e Luigi Anzalone, filosofo e scrittore.
Una riflessione, quella che consegna Mirella Napodano, che si fa viaggio per comprendere le sfide del nostro tempo, intrecciando filosofia, letteratura e riflessioni sulla contemporaneità. Da Penelope a Michelangelo, da Mozart ad Hannah Arendt, il libro attraversa epoche e temi, interrogandosi sul concetto di limite, precarietà e perenne ricerca e al tempo stesso sulla pace, il dialogo e la pluralità, proponendo uno sguardo nuovo sulla fragilità umana e sulle possibilità di un’etica condivisa. E’ il preside Giovanni Sasso a porre l’accento sul significato di cui si carica il demone indicato da Napodano che “è consapevolezza del proprio limite. E’ un demone di tipo socratico che non è una volontà di potenza, non è una libido, non è una volontà come quella di Schopenauer cieca e irrazionale ma una forza che ci spinge ad andare oltre, ad essere consapevole delle proprie possibilità, per superare il limite. Tutto questo in relazione a una vita che aderisca alla realtà e sia autentica, alla consapevolezza che la scienza è incompiuta dobbiamo unire la capacità di custodire una pace interiore, una armonia recondita, liberandoci di quel padrone che troviamo sempre nella nostra vita. A scaturirne è un ethos psicosociale legato al riconoscimento dell’altro, alla volontà di dialogare sempre con chi è diverso da noi”. A ribadire come nella società di oggi, ossessionata dall’onnipotenza della performance, il limite continui ad essere taciuto anche Luigi Anzalone che si sofferma sulla forza di ciò che è incompiuto, capace di tendere all’infinito, di restituire l’idea di progressi. “L’incompiutezza – spiega Napodano – si apre alla reciprocità, alla consapevolezza di non bastare a sè stessi, di aver bisogno del punto di vista altrui per vedere oltre il nostro orizzonte. E’ questa la posizione dei filosofi del dialogo come Buber e Levinas che considerano la cooperazione emotiva fra i dialoganti l’elemento essenziale nella ricerca della verità, intesa come frutto del confronto con il volto dell’altro”



