Rivive in una mostra documentaria l’orrore della Shoa, dalla durezza della vita dei confinati in provincia alle condizioni dei campi di concentramento di Solofra, Monteforte Irpino e Ariano. E’ l’esposizione “In considerazione della razza”. L’internamento degli ebrei in Irpinia presso la sede dell’Archivio di Stato di Avellino, in via Giuseppe Verdi 15-17 (Carcere Borbonico), in programma il 27 gennaio, In occasione del “Giorno della Memoria” saranno esposte testimonianze risalenti alla seconda Guerra mondiale e tratte in massima parte dal fondo archivistico Internamento civile in Irpinia, che comprende oltre 170 fascicoli personali di internati di varie nazionalità. molti dei quali ebrei. Sempre a partire dal 27 gennaio, sarà diffuso sulle piattaforme social dell’Archivio di Stato un video illustrativo della mostra, prodotto in collaborazione con la Compagnia teatrale “Clan H” di Avellino.
In Irpinia, i comuni che ospitarono internati liberi furono: Aiello del Sabato, Andretta Avella, Bagnoli Irpino, Bisaccia, Bonito, Calabritto, Calitri, Castelbaronia, Chiusano San Domenico, Forino, Frigento, Flumeri, Gesualdo, Greci, Grottaminarda, Lacedonia, Lauro, Marzano di Nola, Mercogliano, Mirabella, Montefusco, Montella, Montecalvo, Montemarano, Montemiletto, Nusco, Ospedaletto d’Alpinolo, Paternopoli, Quindici, S. Angelo dei Lombardi, San Martino Valle Caudina, Siringano di Puglia, Teora, Torella dei Lombardi.
A Solofra il campo era stato istituito esclusivamente per prigionieri femminili: nel palazzo signorile di una ricca famiglia di conciatori furono rinchiuse per tre anni 26 donne, in prevalenza francesi e polacche, per lo più giovani. Furono internate nel fabbricato di via della Misericordia e considerate da tutte prostitute. Quel campo rimase attivo fino all’autunno del 1943
Il campo di Monteforte Irpino rappresentò una tra le principali sedi d’internamento per gli oppositori politici del regime fascista, definiti “italiani pericolosi”, e fu situato nell’ex sezione femminile dell’orfanotrofio Loffredo, in località Vetriera, che probabilmente prima era stata la residenza dei marchesi Loffredo. Inoltre, la ricerca storico-documentaria ha consentito di omaggiare la figura di Giovanni Palatucci che ha meritato, con altri 416 italiani, il riconoscimento di “giusto tra le nazioni” ossia il titolo che indica i non-ebrei (oltre 20.000 nel mondo) che hanno rischiato la propria vita per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista.
Ad Ariano il campo di internamento “per confinati e internati” comprendeva le casette antisismiche di proprietà del Comune del Tricolle e il villino della famiglia Mazza ubicati in località “Martiri Vecchio”. Accolse circa 400 persone, la metà delle quali slavi delle province di Gorizia, Fiume e Lubiana.