Mi chiedo: come mai tutta la melma sommersa in Irpinia viene scoperta solo ora? Perché la verde conca si tinge di fango? In queste difficili risposte è scritta la storia recente dell’Irpinia e del suo capoluogo. Che la camorra potesse invadere il nostro territorio non era più solo un rischio. Da tempo c’erano segnali che riconducevano ad azioni criminali e sentenze dei magistrati che indicavano infiltrazioni in Irpinia di appartenenti ai clan fuori provincia, in particolare dalle periferie napoletane. Mentre la criminalità si strutturava e decideva come dividersi gli affari, la politica era del tutto assente. O meglio si alleava con quella parte che potesse garantire il maggior consenso. Uno scambio che si è consumato ai danni della città e della provincia. Sarebbe andata avanti così se a svelare la realtà – su cui da tempo erano impegnati con le loro indagini forze dell’ordine e magistrati – non fosse stato lo scontro delle bande criminali. Ecco allora le bombe inserite nell’auto che esplodono nella notte e la risposta che non si fa attendere giunta a colpi di mitra. L’equilibrio della criminalità organizzata si è rotto e sono gli stessi componenti ad aprire il varco che consente alla Direzione distrettuale Antimafia di far tintinnare le manette nel corso della grande retata. La città è ammutolita. Lo sconcerto, lo sgomento attraversano l’intero territorio. E’ un colpo alla credibilità anche delle pubbliche amministrazioni. Ci sarà ancora molto da capire. Neanche l’Alta Irpinia, infatti, è immune dalla criminalità organizzata. Il modello è quello della camorra napoletana con la nomina dei capozona. Il quadro ora è davvero preoccupante perché le alleanze criminali fanno riferimento non solo al Napoletano, ma anche all’Agro nocerino-sarnese fino a giungere in Calabria. E’ la corruzione che lega criminalità e colletti bianchi come è emerso anche nei fatti più recenti con gli arresti per le sentenze truccate. Dalla lotta alla criminalità e alle connivenze bisogna ripartire per restituire all’Irpinia quella parte di dignità perduta.
di Gianni Festa