Dal legame con l’Irpinia al personaggio di Valerio. Loris De Luna, 26 anni, nuova star di Gomorra, un irpino doc, poichè a Mercogliano ha sempre vissuta si racconta in un’intervista a tutto campo.
Come cambia il personaggio di Valerio nella nuova serie? Non è più un corpo estraneo alla camorra?
“Valerio muta nei suoi modi, nei suo look, nel suo linguaggio, nel suo approccio alle cose, diventa un ingranaggio perfettamente inserito all’interno del sistema o, comunque, perfettamente inserito “alla sua maniera”. Ha da preoccuparsi per i suoi “amici” e i suoi nemici devono preoccuparsi di lui. Gli obiettivi da perseguire sono tanti, alcuni prevedibili, alcuni complicati, altri impensati…”
Quali sono le novità della nuova serie?
“Ci saranno molte novità, alcune le avete già viste nei primi episodi andati in onda su Sky Atlantic dal 29 marzo. L’epiteto di questa quarta stagione è “Nulla è come sembra”: ecco, questo ci racconta già molto… “
Come rispondi a chi continua a sostenere che Gomorra trasmette un’immagine negativa di Napoli?
“Spesso le persone che me lo dicono non l’hanno neanche vista e ne parlano per sentito dire.
In genere rispondo che non da un’immagine negativa di Napoli: da una delle tante immagini di Napoli (così come di altri luoghi) di cui è fondamentale parlare e fare denuncia. Non si tratta di far apparire Napoli bella o brutta, buona o cattiva: Gomorra, sin dalla sua nascita, è una denuncia viscerale e sincera di qualcuno che si è preso la grande responsabilità di parlarne, è un racconto importante delle atrocità che persistono. E di questi occorre parlarne e occorre combatterli, senza toglier nulla alla lotta antimafia che chiaramente esiste e senza toglier nulla alle bellezze di Napoli, che tutti conosciamo.
Gomorra la serie, resta un prodotto artistico, culturale, ed in quanto tale ha due fini: catturare e coinvolgere il pubblico; mostrare e non dimenticare”.
Quale il tuo rapporto con l’irpinia? Torni spesso a Mercogliano?
“No, purtroppo non torno spesso. Il lavoro e le scelte di vita non lo permettono molto.
Dopo il liceo mi sono trasferito a Roma per iniziare i miei studi di recitazione e dopo tre anni di accademia ho cominciato pian piano a cercare lavoro. Gli spettacoli teatrali, I Bastardi di Pizzofalcone e poi finalmente Gomorra, con i lunghi provini e la grande soddisfazione oggi di essere alla quarta stagione, di nuovo in onda su Sky Atlantic.
Per me è stato importante lasciare l’Irpinia, mi sentivo sicuramente stretto lì a 18 anni. L’essermi trovato in un’altra città, con tanta voglia di fare e tanto da scoprire, mi ha fatto crescere, mi ha cambiato e mi ha dato quello che cercavo: nuove esperienze, nuove avventure, nuovi incontri e la possibilità di studiare per qualcosa che a “casa” non avrei potuto fare.
Ciò che amo dell’Irpinia è la natura: quando torno, mi piace fare lunghe passeggiate in montagna, nel silenzio, nei boschi, da solo o con la mia famiglia o con i miei amici.
Ho diversi amici che sono rimasti lì, e quando torno insieme facciamo anche delle partite di pallavolo o di tennis o lunghe nuotate in piscina (tutti sport che ho praticato tanto quando ero alle medie e alle superiori, ricordo con affetto anche i miei allenatori).
E, quando riesco, cerco di prendere parte agli eventi cinefili che si organizzano sul territorio”.
L’Irpinia è sempre stata terra vivace sul piano della tradizione cinematografica grazie a rassegne e associazioni. Cosa pensi? Ritieni che l’Eliseo possa essere un tassello importante per la promozione cultura irpina?
“Ricordo che quando frequentavo il liceo ad Avellino, finito l’orario scolastico, subito dopo pranzo o nel pomeriggio o la sera, mi fiondavo nei luoghi dove diverse associazioni avellinesi cinefile organizzavano cineforum (ricordo, per citarne alcuni, Visioni, la rassegna del cinema d’autore o lo Zia Lidia Social Club), proponendo in genere film di grande qualità, molto diversi tra loro, spesso fuori dai circuiti mainstream e ad un prezzo di biglietto bassissimo. Ricordo, tra i tantissimi, ad esempio di aver visto lì per la prima volta un film di Michael Moore che mi colpì molto (Capitalism: a love story) o Welcome di Philippe Lioret, la storia di un rifugiato che prende lezioni di nuoto per attraversare in mare il canale della Manica e raggiungere il suo amore in Inghilterra(bello ed indelebile nella mia memoria).
Per me quelli erano momenti preziosi, che ricordo con immenso piacere, luoghi in cui mi piaceva rifugiarmi e scoprire quelle storie. Adesso non vivo più in Irpinia quindi non “tocco” con mano quanto accade ma, grazie ai racconti di chi è lì, mi arrivano notizie molto belle circa le attività cinefile, portate avanti con passione e convinzione. E questa è una cosa preziosa, che fa bene alle persone e quindi al territorio. E che merita il sostegno e da parte di tutti”.