di Virgilio Iandiorio
Il mio amico Ciro Gravier Oliviero, dirigente di liceo, ha iniziato la sua attività di docente in istituti secondari della provincia irpina. Attualmente in quiescenza, è residente a Velletri. Ha lavorato per cinque anni come promotore della lingua e della cultura italiana nelle Scuole e nelle Università della Tunisia. Ha fatto tesoro della sua esperienza tunisina, mettendo in evidenza gli stereotipi che sono radicati nella nostra cultura e in quella dello Stato nordafricano: “Noi Occidentali riteniamo gli Arabi incolti e violenti beduini, fanatici e fondamentalisti; loro Mediorientali ritengono gli Occidentali tigri di pezza, bugiardi e prepotenti imperialisti” (C. Gravier Oliviero, Le Novelle arabe del Decamerone, Tunisi 2010, p.267).Questa riflessione faceva il nostro Autore nel libro pubblicato quindici anni fa, una riflessione che ha ancora una sua incredibile attualità.
Ai tempi di Giovanni Boccaccio si poneva il problema dei rapporti con i paesi del Nordafrica e dell’Oriente. “Tra le due sponde, e in particolare tra la Sicilia e la Tunisia, è stato un interminato, interminabile, viavai di uomini e merci. Tra l’ Ottocento e il Novecento gli Italiani in Tunisia giungeranno ad essere 146.061, e saranno una costante spina nel fianco, non ai Tunisini, ma ai Francesi “protettori”” (Ibidem p. IX).
Indico le Novelle per quanti abbiano voglia di rileggerle o, se non l’avessero fatto, di leggerle. Melchisedech e il Saladino, I,3; Il Soldano di Babilonia, II,7; Bernabò da Genova, II,9; Alibech, III,10; Gerbino, IV,4; Gostanza e Marluccio, V,2; Il Saladino, X,9.
Scrive il nostro Autore:” Ancora una volta, mai avrei creduto che dietro queste sette novelle ci fosse tanta ricchezza di contenuti, e un messaggio così convinto e così ancora attuale di rispetto e di ammirazione, insieme al suggerimento di non rinunciare mai al dialogo interculturale e alla collaborazione, a livello dei Popoli più ancora che degli Stati” (Ibidem,p.X).
“Dall’altra sponda del Mediterraneo -scrive il prof. Gravier con riferimento alla sua esperienza tunisina- non solo la prospettiva geografica, ma anche quella storica e culturale cambiava. Il Mare Nostrum che dall’Italia si presentava tronfio di tutto l’orgoglio “romano-nazionalistico”, visto dalla Tunisia diventava “nostrum” nel senso anche di “illorum”; che cosa era, infatti, l’Impero Romano se non l’insieme di tutti i popoli che si affacciavano sul Mediterraneo, e anche un poco più in là? ; patriam diversis gentibua unam, [una sola patria di tante genti diverse] come diceva Rutilio Namaziano” [poeta latino vissuto nel V secolo d. C.] (ibidem p.VIII),
Giovanni Boccaccio, forse, poteva inserire nel suo Decameron queste novelle “arabe” perché aveva meno pregiudizi di noi, oggi, che vogliamo apparire tolleranti inclusivi e accoglienti.