L’autorizzazione a procedere, dal Senato, nei confronti di Salvini, indagato per sequestro della Open Arms nella sua qualità d ministro dell’interno nel precedente governo giallo verde, e la polemica inscenata da Berlusconi, che ha messo in campo tutta la potenza mediatica di cui dispone, preannunciando un ricorso alla Corte di giustizia europea per far annullare la sentenza della Cassazione che lo condannava definitivamente al carcere alla decadenza da senatore – frutto di un complotto,-nel tentativo di una sua rivalutazione, inducono ad alcune riflessioni. Nel Paese è, purtroppo, radicato da sempre un conflitto tra politica e magistratura perché il potere politico tenta di condizionare quello giudiziario. Ma, a differenza della prima Repubblica dove si preferiva agire sott’acqua e la Procura generale di Roma faceva da porto delle nebbie per insabbiare quanto più poteva i processi contro i politici in una situazione di palese subordinazione, oggi, per la gestione territoriale delle Procure ,che non dipendono più da quella di Roma, si è usciti allo scoperto e il conflitto è diventato pubblico e oggetto di e strumentalizzazioni non solo da parte della stessa classe politicama anche dalla stampa e dei media che le fanno da cassa di risonanza C’è da dire che anche molti magistrati ci hanno messo del loro, entrando ed uscendo dalla politica, riunendosi in correnti e badando molto alla carriera ed a coltivare rapporti con i politici per rafforzarla. Il caso Calamara è emblematico sotto questo punto di vista. Il conflitto, però, si era, per così dire, già istituzionalizzato con Berlusconi Presidente del Consiglio assumendo toni inquietanti e destabilizzanti. Tutte le democrazie liberali moderne hanno codificato nelle loro Costituzioni i noti principi della separazione dei poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario) del Montesquieu a partire da quella americana del 1776 e quella francese del 1789. Più che di netta separazione dei poteri, il filosofo liberale intendeva in realtà al bilanciamento dei poteri, al loro equilibrio, al condizionamento reciproco, al compromesso e al controllo reciproco. Un governo moderato, cioè liberale, dovrebbe essere capace di garantire la coesistenza pacifica tra i tre poteri senza prevaricazioni o tentativi di assoggettamento. Con Berlusconi al Governo, implicato in molti procedimenti per il suo passato e per il suo comportamento, il conflitto si è acuito profondamente con colpi bassi da ambedue le parti. Berlusconi ha tentato in tutti i modi di sottrarsi al processi (leggi ad hoc predisposte dai suoi legali eletti in parlamento e appoggiate dalla sua parte politica e da una stampa amica e in maggior parte sotto il suo diretto e personale controllo e la Procura di Milano con i vari Di Pietro, Borrelli, Davigo non è stata certamente a guardare. Oggi il conflitto si è diventato più grave anche perché, sotto l’influsso dell’opinione pubblica, l’istituto dell’autorizzazione a procedere è stato abolito nel 1993 perché se ne era fatto un uso distorto. Infatti, fino ad allora, su 1324 richieste il Parlamento ne aveva concesso solo 194. Oggi l’autorizzazione a procedere resta per la richiesta di arresto, perquisizioni, intercettazioni e per i reati ministeriali. Ed anche in queste occasioni il conflitto resta alto e i politici parlano sempre di giustizia ad orologeria e della volontà che la destra imputa alla sinistra di perseguire la lotta politica attraverso l’uso delle sentenze, che per la verità arrivano con molti anni di ritardo quando non servono più a nulla. Anzi invocando un presunto garantismo tendono a subordinare il giudizio politico a dopo le decisioni del giudice, praticamente annullandolo. Si va addirittura oltre, accreditando, anche da parte di politici seri e moderati, come Calenda l’idea che l’autorizzazione a procedere, nel caso specifico contro Salvini, gli dia un assist mediatico di insperata utilità al fine del consenso. Non si tiene in minimo conto che la Magistratura agisce autonomamente, o almeno dovrebbe, e la politica non può strumentalizzarla. E questo, purtroppo, la dice lunga sul degrado politico e sull’affievolirsi dei principi liberali di una democrazia moderna e matura.
di Nino Lanzetta