“La malattia oculare in corso di patologia autoimmune endocrina (spesso è coinvolta allo stesso tempo anche la tiroide ma non necessariamente) è una complicanza molto severa, anche se piuttosto rara, che oggi può avere un approccio molto più mirato ed efficace grazie ai nuovi farmaci antagonisti dell’Igf1, ormone che aumenta lo spessore dei muscoli retro orbitari. Recettore stimolato invece dagli autoanticorpi della malattia di base. Una patologia che dà luogo a un progressivo esoftalmo, retrazione palpebrale, proptosi oculare e altri sintomi che non sempre sono riconosciuti e diagnosticati subito. Quindi una diagnosi precoce e un approccio multidisciplinare, imperniato sul ruolo degli oculisti clinici, degli oculisti esperti in chirurgia della patologia orbitaria, degli endocrinologi, dello psicologo e anche del chirurgo maxillo facciale è il modo in cui noi oggi possiamo evitare gravi conseguenze sulla vita di relazione e lavorativa dei pazienti colpiti che non solo vengono stravolti nel loro sguardo, nella fisionomia del volto ma che possono subire anche una evoluzione della patologia oculare in danno del nervo ottico e dunque andare incontro, nei casi più gravi, anche alla cecità”.
Così Anna Maria Colao, ordinario di Endocrinologia della Federico II e vicepresidente del Consiglio superiore di Sanità intervenuta oggi insieme ad altri specialisti ed esperti delle discipline mediche coinvolte, ad un congresso scientifico promosso a Napoli da Motore Sanità con il contributo non condizionato di Amgen, global leader nelle biotecnologie farmaceutiche.
“La malattia oculare tiroidea – ha concluso Colao – è una malattia rara e difficile da approcciare ma oggi esistono approcci clinici nuovi ed efficaci da consolidare e standardizzare” – ha aggiunto
Diego Strianese, direttore della Scuola di specializzazione in Oftalmologia della Federico II e responsabile dell’unità dipartimentale di oftalmo-plastica presso lo stesso Ateneo che ha ricordato come siano pochi gli specialisti oculisti in Italia esperti in oculoplastica e la centralità della collaborazione con gli endocrinologici nell’approccio diagnostico e terapeutico alla Malattia oculare tiroidea, rara ma non tanto da trascurare l’impatto devastante che può avere su pazienti e famiglie. “Occorre una gestione integrata – ha ricordato il docente napoletano – molti pazienti sono affetti da questa patologia, accusano una lieve sporgenza degli occhi, fastidi, pruriti, rossori retrazioni palpebrali ma fino a quando la patologia non si aggrava pensano a una congiuntivite, all’occhio secco, girano tra vari specialisti ma non sanno di averla e ciò ritarda spesso di anni la diagnosi che invece deve essere precoce ed accurata e anche i Medici di famiglia devono segnalare ai centri di riferimento i casi sospetti”. La malattia oculare tiroidea (TED -Thyroid eye disease), è una patologia complessa, autoimmune, che colpisce in modo prevalente le donne e può manifestarsi quasi sempre ma non necessariamente in concomitanza di patologie tiroidee (morbo di Badedow e altre forme). E’ considerata rara sulla base del tasso di prevalenza riportato in letteratura di 8,97 casi ogni 10,000 abitanti (fonte Perros et al 2017), che però corrispondono a circa 5 mila pazienti affetti in Campania al netto della sottostima ricordata dagli specialisti riuniti a Napoli. Tra essi Teresio Avitabile presidente della Siso (Società italiana di scienze oftalmologiche) che ha sottolineato la necessità di stilare linee guida per definire i pazienti da reclutare alle nuove cure disponibili con anticorpi monoclonali. Terapie mirate ed efficaci che superano i limiti del cortisone finora usato e della chirurgia, quest’ultima efficace ma invasiva”. “Nuove cure che devono essere accessibili in base a precisi percorsi e approcci multidisciplinari formati da Oculisti, endocrinologi, psicologi, chirurghi, da iniziare a definire e costruire per ora nelle strutture di riferimento, Università, Ospedali e anche nelle Asl – ha aggiunto la professoressa Francesca Simonelli, ordinario di oftalmologia della Vanvitelli protagonista, nei mesi scorsi, insieme al Tigem, dei primi trattamenti al mondo con terapia genica di rare distrofie retiniche ereditarie che conducono a cecità e ora curabili – per poi proporre ai tavoli regionali modelli già collaudati da definire in un Pdta che possa fare da viatico anche alla definizione di linee guida auspicabili a livello nazionale”.
Sulla stessa lunghezza d’onda, corredato da un invito alla concretezza, l’intervento di Vincenzo Nuzzo, direttore del dipartimento di Medicina e post acuzie della Asl Napoli 1 che ha sollecitato la nascita di un tavolo tra specialisti di Asl, ospedali e università, in cui gettare le basi di una rete di cure sul modello della rete oncologica campana, diventata un paradigma di efficacia ed efficienza. A seguire gli interventi di Giuseppe Bellastella ordinario di Endocrinologia e Malattie del metabolismo della Federico II che ha ricordato come smettere di fumare, implementare nella dieta il selenio e usare le statine contro il colesterolo possono aiutare le pazienti a ridurre la gravità dei sintomi. Francesco Scavuzzo direttore della Endocrinologia del Cardarelli ha poi sottolineato il ruolo guida di centri di riferimento che come il Cardarelli, vedono più pazienti, sono dotati di pronto soccorso e hanno la possibilità organizzativa di costruire percorsi che possono funzionare da modello. Un concetto ripreso anche da Antonio D’Amore, manager dell’ospedale partenopeo intervenuto in veste di vicepresidente Fiaso. Quindi il contributo di Paola Bonavolontà segretario Sicop e professore di chirurgia Maxillo facciale della Federico II e della dottoressa Luongo che hanno sottolineato la necessità di attivare registri regionali di patologia. Ugo Trama, funzionario regionale a capo del settore accreditamento istituzionale ha accolto le proposte del tavolo scientifico e ricordato come la Regione Campania abbia negli ultimi anni lavorato per il pieno utilizzo del fondo per l’innovazione aggiungendo anche risorse proprie. “Sigleremo nei prossimi giorni – ha poi annunciato – un accordo con Aifa e Farmindustria per accedere in tempi più rapidi ai nuovi farmaci nelle sperimentazioni cliniche. Un modo per garantire un percorso più rapido ai pazienti che non hanno alternative nelle cure di gravi patologie degenerative”. Un confronto scientifico ai massimi livelli dunque che ha consentito di tracciare il punto su ricerca, innovazione scientifica, organizzazione dei modelli assistenziali,
dei centri di cura territoriali e sui nodi della diagnosi precoce e presa in carico del paziente affetto da Malattia oculare tiroidea, organizzato da Motore Sanità con il contributo incondizionato di Amgen, global leader nelle biotecnologie farmaceutiche nell’ambito di una serie di appuntamenti che hanno toccato molte regioni italiane e di recente anche la Sicilia segnando in Campania, la nona tappa in un tour che nei prossimi mesi continuerà in varie regioni italiane con lo scopo di mettere a fuoco nuovi modelli organizzativi per l’approccio a una malattia rara ma grave che oggi può contare su nuove cure.




