Scherza, si commuove, si racconta, rende omaggio all’amico regista scomparso Claudio Caligari, non rispamia stilettate a un sistema che “costringe tutti per fare film a seguire un’unica strada, che non aiuta le realtà indipendenti e non garantisce il pluralismo. Le logiche di mercato sono spietate”. Si conferma attore autentico, ironico e intelligente, Valerio Mastandrea, ospite all’Eliseo dell’ultima giornata del Laceno d’oro. Scherza sulla sua venuta in una terra con una forte tradizione cinematografica, da Camillo Marino e il suo Laceno d’oro battezzato da Pasolini a Ettore Scola e Sergio Leone: “Sono venuto a inquinare, a portare l’epoca moderna”. Spiega come “quando ci sono realtà sul territorio che hanno un rapporto così stretto col cinema vanno sostenute”. E sulla casa del cinema intitolata a Camillo Marino e Giacomo D’Onofrio “Ho riconosciuto l’architettura. Ce ne sono tante a Roma. Sono curiosa di vedere le sale. E’ proprio nelle città più piccole che si riesce a lavorare meglio sul valore culturale che il cinema può rivestire. Penso, per esempio, a Pordenone e al lavoro straordinario fatto dai ragazzi di Cinema Zero. Lì hanno costruito qualcosa di enorme. Ben vengano iniziative come queste. Noi attori, per quanto possiamo possiamo, dobbiamo fare la nostra parte”. Sottolinea che “Il cinema sta diventando sempre più elitario, quasi da poter essere considerato un prodotto di nicchia. Bisognerebbe, invece, riconquistare il pubblico, testimoniare che il nostro lavoro, che si basa sul racconto, deve essere visto e discusso. Ecco perchè questi sono i contesti migliori per confrontarsi, per parlare da vicino, non tanto della propria carriera, ma di cinema in senso più ampio” Spiega in tanti anni di aver “capito che i film non vanno solo lanciati e promossi in televisione. Bisogna accompagnarli sala per sala, far capire che l’esperienza in sala è diversa rispetto alla fruizione domestica, che viene spesso interrotta da mille distrazioni”.
E sulla propria idea di cinema: “Mi piace che parlino altri dei miei film. Della mia prossima pellicola parleremo quando sarà il momento.” Ma ammette di aver capito che” continuerò a fare film che trattano grandi temi attraverso piccole storie. Del resto, non esistono storie piccole, se toccano temi universali. Il primo film, che vedrete oggi, “Ride” riflette su quanto sia difficile vivere le emozioni per quello che sono, anche in maniera solitaria. Non nel senso negativo del termine: nel film c’è un lutto da elaborare, ma è diventato così esteriore, così parte di una comunità, che non si riesce più a viverlo come si dovrebbe. Il mio secondo film “Nonostante di”, invece, racconta come l’incontro con l’amore ci ponga davanti a delle scelte, rappresentando sempre una grande occasione, anche quando arriva in modo dirompente, inaspettato, o non voluto”.
Ricorda con commozione l’amico regista Claudio Caligari a cui il Laceno d’oro ha voluto rendere omaggio con la proiezione di Se c’è un aldilà sono fottuto. Vita e cinema di Claudio Caligari, di Simone Isola e Fausto Trombetta. . “Per me – spiega – è stato un personaggio fondamentale. Ancora oggi ci sono registi che seguono la sua idea di cinema. Sono soprattutto giovani, alcuni di loro mainstream. La visione di Claudio non era di nicchia: voleva arrivare a tutti. Il finale di ‘Non essere cattivo’ lo dimostra: voleva commuovere chiunque, dalle persone rigide a quelle che si emozionano per un gatto. Non inseguiva l’idea di fare un cinema che capiscono solo in pochi. Non voleva essere “cult”. Claudio faceva un cinema classico, partendo dalla conoscenza autentica delle realtà che raccontava. Era un intellettuale vero, uno che si sporcava le mani per essere credibile, non naturalistico ma reale nella rappresentazione di ciò che voleva mostrare”. Spiega come “Era sempre avanti, capace di cogliere in anticipo i fenomeni del tempo, come quello delle baby prostitute. Ha fatto molti più film dei tre realizzati. Ed è bellissimo pensare a quello che noi attori che abbiamo lavorato con lui ci portiamo dentro della sua lezione. Mi manca il rapporto che c’era tra noi tra docente e ripetente, il suo sentirlo parlare di cinema. Con la mia piccola società di produzione Damocle cercheremo di fare un film da una delle sue sceneggiature tratta da un libro di Quadrelli che racconta la storia del paese tra le mura di un carcere”. “E spiega come “La sua mancanza è una roba enorme che mi devasta ogni volta”
E sul momento che vive il cinema italiano “Se il cinema potesse camminare da solo, lo farebbe. Nessuno vuole elemosinare assistenzialismo statale. Ma se non c’è una vera industria cinematografica privata, come in altri Paesi, allora diventa fondamentale il sostegno pubblico soprattutto per le realtà più fragili. Mi piacerebbe che il sostegno statale aiutasse a riaprire le sale chiuse, a ricostruire il cinema come rituale, come esperienza collettiva. Non lo dico solo da regista, ma da cittadino. Nessuno chiederebbe soldi al governo, se non fosse necessario”
E sui sogni ancora non realizzati “Ogni volta che faccio qualcosa, sento che mi mancava e capisco che c’è ancora tanto da realizzare”. Nel pomeriggio, alle 17, si racconterà in una masterclass per la quale c’è il tutto esaurito. Seguirà la proiezione del film Ride, che segna il debutto dietro la MdP di Mastandrea nel 2018, per il quale ha vinto il Nastro d’Argento al miglior regista esordiente l’anno successivo.