A chiudere la kermesse di Atreju è la premier Giorgia Meloni, che subito prende di mira la segretaria del Pd, Elly Schlein, assente all’evento: “Con il suo nannimorettiano ‘mi si nota di più se vengo e sto in disparte o se non vengo per niente’ ha comunque fatto parlare di noi”, ironizza la premier.
“La cosa divertente è che il presunto campo largo lo abbiamo riunito noi ad Atreju e l’unica che non si è presentata è proprio quella che dovrebbe federarlo”. In un luogo dove, sottolinea Meloni citando Antonello Venditti, “Nietzsche e Marx si sarebbero potuti dare la mano”, chi sceglie di non confrontarsi “dimostra di non avere contenuti”.
A proposito di contenuti:sul piano internazionale ribadisce il sostegno all’Ucraina: “La pace si prepara con la deterrenza, non con le canzoni di John Lennon». Quanto alla politica interna, accende i riflettori sulla manovra economica, chiarendo che il centrodestra “non accetta lezioni da nessuno» e che, nelle intenzioni della maggioranza, “non ci dovrebbero essere tagli alla Rai, né alle televisioni e alle radio locali”.
Meloni guarda già alle prossime elezioni politiche: “Non ci sediamo sugli allori, siamo solo all’inizio. L’unico giudizio che conta è quello del popolo italiano”. Rivendica la ritrovata credibilità internazionale dell’Italia “lo spread scende, si aprirà spazio per gli investimenti, ora punteremo sulla crescita” ma riconosce anche i limiti: “Diverse cose non siamo riusciti a farle. Dobbiamo migliorare”.
Dal palco, davanti anche alla madre, alla figlia Ginevra e all’ex compagno Andrea Giambruno, la presidente del Consiglio rilancia: “Abbiamo un’occasione storica per fare dell’Italia la nazione che abbiamo sempre sognato”, illustrando “l’Italia che ho in mente”.
Tra i punti: consenso informato per l’educazione sessuale nelle scuole, la lotta contro i “maranza”, il ritorno dello Stato nel Mezzogiorno, “è tornato a fare lo Stato”, e la difesa dei centri per migranti in Albania, che “funzioneranno, anche se con un anno e mezzo di ritardo a causa delle decisioni dei giudici”. Rivendica inoltre la proposta di Fratelli d’Italia contro il velo integrale “a difesa della nostra identità”, la tutela delle imprese “dalle follie ideologiche ultra-ambientaliste” e il rilancio del merito nella scuola, per liberare il Paese “dalla gabbia ideologica del Sessantotto”.
Non mancano gli attacchi: lo sciopero proclamato dalla Cgil di Maurizio Landini viene definito “un fallimento”, mentre sul fronte economico Meloni rivendica l’impegno per il Sud, oggi “locomotiva dell’Italia”, il piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie e un rapporto paritario sia con l’Unione europea “che non è al tramonto” sia con gli Stati Uniti: “Non siamo subalterni a nessuno”.
Cita il giudice Rosario Livatino “un magistrato libero e imparziale non tradisce mai il suo mandato”, e Antonello Venditti, evocato per descrivere Atreju come il luogo in cui “le identità si sfidano rispettandosi”.
Infine, l’appello al suo partito: “Non dimenticate mai da dove veniamo, ma non mettete limiti a dove possiamo arrivare”. La vera sfida, sottolinea Meloni, non è quella dei sondaggi o delle urne, ma “la sfida con noi stessi”, che impone responsabilità, coraggio e capacità di decidere. “Sapevamo che governare significava scegliere”, afferma, “e gli unici che non sbagliano mai sono quelli che si accontentano di sopravvivere”.
“Noi non siamo nati per questo – conclude — siamo nati per osare, stupire, incidere. In ogni cuore dorme una forza che attende solo la scintilla giusta. Saremo quella scintilla, ogni giorno, in ogni scelta. E se ci riusciremo, non racconteremo la storia: la scriveremo”.



