di Felice Santoro
Mons. Vincenzo Paglia è a Nusco. Viene accolto nella cattedrale di sant’Amato , e ne visita la cripta, dal parroco don DinoTisato, dal presidente del Circolo Pensionati Nuscani, Carmine Prudente, da rappresentanti dell’amministrazione e delle associazioni, mentre Marco Storti dirige il coro polifonico. Sono presenti tanti bambini accompagnati da alcuni nonni e genitori : la prima immagine della giornata con l’alleanza tra generazioni. E si procede verso la sala consiliare, il cammino è breve.
Mons. Paglia è una personalità di primissimo piano. A lungo parroco a Santa Maria di Trastevere, con il cardinale Zuppi allora suo vice che gli è succeduto anche come assistente ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio, arcivescovo di Terni, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia e della Pontificia accademia della vita, incarico che ha lasciato lo scorso aprile avendo compiuto ottant’anni. Di recente è stato presidente della Commissione che ha portato all’approvazione, all’unanimità, della L33/23, di cui è ritenuto il padre, che riforma l’assistenza socio-sanitaria per gli anziani.
L’evento è promosso dal Circolo, guidato dall’attivo e sensibile presidente Prudente, in collaborazione con il Comune e con associazioni laiche e cattoliche. Mons. Paglia ha raggiunto il paese altirpino grazie alla mediazione di Franco Mangialardi, figura di rilievo nazionale di area cattolica e originario di Nusco. I lavori sono introdotti da Carmine Prudente che ringrazia innanzitutto il concittadino dott. Franco Mangialardi e i componenti del Circolo, attivo da quarant’anni e sin dall’inizio con un “ bel gruppo femminile” . Precisa che l’avvicinamento a mons. Paglia, su cui “non basterebbe una mattinata per descriverlo”, è dovuto a Destinati alla vita, un suo libro del 2024. Oggi, aggiunge, si vive in “solitudine, isolamento sociale, in un quadro di individualismo: è una nuova pandemia”. La nostra età,rimarca,“deve essere reinventata con un nuovo pensiero”; Erri De Luca, continua, la definisce «età sperimentale».
Poi prende la parola Emilio Del Sordo, presidente del consiglio comunale, che porta i saluti del sindaco Antonio Iuliano, impossibilitato per motivi familiari, e rivolge un pensiero a tutti. Sottolinea di trovarsi in una comunità fortunata con “giovani attivi e anziani, per alcuni aspetti, ancora di più”. Evidenzia anche, per la sua formazione cattolica, che “l’uomo deve ritornare al cuore di Dio e Dio al cuore dell’uomo”.
Tocca a Don Dino, che spiega come “il Giubileo sia legato alla speranza, che rappresenta un punto di arrivo”, ”tutti camminano ma non si sa verso dove”. Il Giubileo rappresenta “il giuramento che Dio ha fatto: ci avrebbe perdonato”. 4 Il prof. Della Vecchia evidenzia che “la nostra storia documentata è legata alla Chiesa e inizia nell’anno mille con Amato Landone, sant’Amato nel 1093, che “ è ancora nel cuore della maggior parte dei nuscani”. “Tanti sono più deboli perché più soli” e rileva che Il pregio maggiore del paese è sempre stato l’associazionismo, in particolare il Circolo dei Pensionati conta 144 soci ed è molto presente sul territorio, c’è sempre qualche suo rappresentante in ogni manifestazione “per vivere meglio l’ultima nostra stagione”.
Marco Storti ricorda che “tante fasce di età diverse nella corale” sono un simbolo del rapporto intergenerazionale. Inoltre, il canto proposto in Chiesa, l’inno del Giubileo, è emblematico sin dal titolo, Pellegrini di speranza; conclude citando i portali dei palazzi gentilizi che fanno pensare all’evangelica porta da attarversare “per approdare a cieli nuovi e terra nuova, per trovare la salvezza “. Però, è importante “costruire già oggi” un nuovo mondo. Alessandro Ebreo, presidente del Forum Giovani, si chiede perché il Giubileo può riguardarci. Metafora del pellegrinaggio, rappresenta una nuova linfa anche per andare oltre la realizzazione del singolo. L’invito è alla ricerca di senso, di felicità. Il singolo non può prescindere da una felicità collettiva e, quindi, occorre “ricostruire una realtà che sembra sgretolarsi “ e indica alcuni principi quali “solidarietà, fratellanza, giustizia, carità … ottemperare a valori simili non è più una possibilità ma una necessità”.
E a mezzogiorno, davvero di fuoco, dello scorso trenta giugno, prende la parola l’arcivescovo Paglia. Il suo dire semplice, chiaro, coinvolgente, con accentuazioni ciociare, trasmette tanta serenità pur toccando aspetti delicati con profondità e nettezza; per il suo modo di porgere, all’uditorio dà l’dea del sacerdote della porta accanto. Vola alto ed alcuni suoi passaggi sono molto penetranti e socialmente avanzati. Il tema è Il Giubileo, il primo giorno di un mondo nuovo.Le Comunitùà, gli Anziani, i Giovani. E spazia a tutto campo.
Sottolinea la profondità delle riflessioni ascoltate e ricorda un episodio familiare. Quando divenne prete la madre gli disse che era stata nel passato a Montevergine con la promessa che il primo figlio lo avrebbe donato alla Chiesa. “Ci chiamiamo pensionati e ci chiamano pensionati”, afferma, “attenzione a non introiettare dentro di noi quello che si pensa, cioè che siamo fuori della vita che conta, quando abbiamo davanti venti, trent’anni di vita da inventare”. Rileva che manca una riflessione culturale, “siamo considerati un peso, non produciamo e costiamo”. “Dobbiamoi svegliarci dal sonno culturale e spirituale… Abbiamo la responasbilità di costruire una vita dignitosa per noi e per chi verrà”. “La Chiesa è fissata per i giovani, giustamente,” e non può fare a meno di notare che in ogni diocesi è presente un responsabile per la pastorale giovanile, “non c’è una diocesi che abbia un riferimento per noi vecchi”. “Prima generazione di anziani di massa, quattordici milioni,” il 23 per cento della popolazione, “ primi in Europa, secondi al mondo dopo il Giappone … Nonno-nipote, questa relazione ha un valore ineguagliabile in una società anaffettiva”. “Ieri per impedire di farci la guerra facevamo la Comunità del carbone e dell’acciaio”. Dobbiamo trasmettere il “messaggio dell’assurdità della guerra … contrastare con maggiore decisione una cultura che sta frantumando l’intero pianeta, occorre costruire la pace. .. Noi abbiamo visto la distruzione dei nostri paesi , ascoltato il racconto dei nostri genitori, abbiamo visto che mancava il pane”.
“Siamo la genetrazione dello scarto”. Riporta che il suo amico sociologo De Rita definisce Egolatria la fase che viviamo: l’individualismo .“Questo è il vero virus che ha infettato tutti, dai potenti ai più semplici… io singolo, io gruppo, io nazione… Non sappiamo più dire noi, una cultura che esclude l’altro, l’altro un fastidio, un concorrente, un nemico. Possiamo dire non avrai altro Dio all’infuori di te” . Cita papa Francesco che con “ la Laudato si’ ci ha ricordato che viviamo nella casa comune e con Fratelli tutti che siamo membri della stessa famiglia, il valore chiave è la fraternità universale.E invece dopo la caduta del Muro di Berlino sono stati costruti più di sessanta muri”.“La Chiesa deve essere come le braccia del Bernini” e richiama l’espressione di papa Leone, “accogliere tutti i popoli, deve essere larga, accogliere anche i nemici, così almeno si parlano, non pretendere di essere la sola a possedere la verità e deve proporre un’unica casa e un’unica famiglia”
Con forza sottolinea che occorre “credere negli uomini e nelle donne, per arrivare a Dio”. Ed indica il vangelo di Luca con il Buon samaritano. “Per soccorrere, si fermò un non credente”. “ Il Giubileo rappresentò l’inizio di una vera fraternità … l’invito ad amarsi gli uni con gli altri. Eccolo il valore attuale. Occorre ricominciare con la visione di Dio”. Altro rilievo molto forte, affermato con nettezza, è quando dice “ quale illegale un poveraccio che scappa, illegali siamo noi… il paradiso comincia qui ed è di tutti”. Ricorda che Benedetto XVI con l’enciclica Spe salvi aveva denunciato il pericolo dell’individualismo. “La dimensione della responsabilità e della cura è sin dalla creazione quando Dio crea Adamo e poi Eva ai quali affida la cura del giardino e delle generazioni”, ed emerge la centralità del legame. “Immaginiamo che Gesù stesse bene in paradiso… si commuove per una umanità sofferente e viene sulla terra… Ed era senza casa, lo volevano uccidere sin dall’inizio, era un clandestino”. Oggi “la disperazione è la solitudine”, è la manncanza di speranza. “L’anziano vuole vivere e morire a casa, con i suoi affetti”. Egli “non è solo cruciverba…da soli si sta male, insieme si vive meglio, a cominciare con amici e parenti. Certo non è facile, nemmeno tra marito e moglie e nemmeno fra noi preti”. E si conclude con pranzo casereccio presso il Circolo dei Pensionati, a pochi passi. Del resto anche Gesù e i suoi amici non disdegnavano la tavola.