Montella in festa per Suor Maria Bernardetta dell’Immacolata. Si è chiusa nei giorni la fase diocesana della causa di beatificazione di Adele Sesso, suora dell’Istituto delle Suore Povere Bonaerensi di San Giuseppe.
Bellissima la lettera che le scriverà Bergoglio: «Vedemmo Lei e in Lei vedemmo ciò che significava una Congregazione religiosa senza limiti. Vedemmo generosità, spirito di obbedienza, di abnegazione, di servizio…, vedemmo pietà, allegria, senso comune e fortezza. Vedemmo pazienza e rassegnazione. Lei, con la sua attitudine, mise calore di madre in noi, e nello stesso tempo, andò insegnando a quei giovani come si tratta una donna, perché questo si impara da una madre o non si impara mai…. E Lei fu Madre».
A raccontare quest’amicizia anche il vicegerente della diocesi di Roma, il vescovo Baldo Reina, che ha presieduto il rito di ieri mattina nell’Aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense. Presente, tra gli altri, il cardinale Leonardo Sandri.
«In quell’epoca il provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina era padre Jorge Mario Bergoglio, con il quale ella instaurò una proficua collaborazione nonché una profonda amicizia spirituale – spiega Reina –. Lei, superiora, si occupava dei seminaristi gesuiti, che la chiamavano affettuosamente “mamma”». Suor Maria Bernardetta «ebbe un amore speciale per i sacerdoti – prosegue il vescovo –. Collaborò alla formazione dei futuri sacerdoti e dei religiosi, accogliendoli con bontà e tenerezza materne.
Il sorriso, sempre presente sulle sue labbra, era espressione di una serenità interiore, frutto della sua risposta alla chiamata di Cristo, accolta pienamente e fatta donazione verso i fratelli. Con il suo sguardo profondo, ella vedeva lo stato dell’anima di ogni figlio o figlia spirituale. Per ogni seminarista o novizio che si rivolgeva a lei nelle sue difficoltà spirituali, aveva sempre una parola adatta per aiutarlo e incoraggiarlo a perseverare nel cammino. Fu per loro una vera “madre”».
« Suor Maria Bernardetta, ricorda ancora il vescovo Reina, «ricevette il sacramento degli infermi e l’assoluzione “in articulo mortis” proprio dalle mani del cardinale Bergoglio, insistendo perché gliela amministrasse prima di ripartire per l’Argentina, il 1° novembre 2001, e confidando alle sue consorelle la certezza che un giorno sarebbe stato eletto Papa».