– Si conclude con un rigetto l’appello al Riesame della Procura di Napoli contro la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare di una quindicina di imputati “di rango” al processo in corso a Napoli contro quella che per gli inquirenti è la potente organizzazione malavitosa dei Moccia di Afragola.
La decima sezione del tribunale del Riesame, presieduta dal giudice Dario Gallo, ha respinto l’istanza della Direzione distrettuale partenopea che ha stimato il termine per luglio 2026 e ha confermato l’ordinanza della sesta sezione penale che a fine luglio scorso ha rimesso in libertà, tra gli altri, Antonio, Gennaro e Luigi Moccia e Pasquale Credentino. In cella, allora, rimase solo Angelo Moccia, detenuto a causa di un altro procedimento giudiziario. A questa prima tranche di scarcerazioni ne seguì una seconda che rimise in libertà buona parte dei presunti vertici del clan Moccia, a processo davanti alla settima sezione penale di Napoli presieduta dal giudice Raffaele Donnarumma.
E adesso, in attesa delle motivazioni, previste entro 45 giorni, la procura già lavora al ricorso in Cassazione. A tutti gli imputati scarcerati alla fine di luglio è stato imposto il divieto di dimora in Campania e nel Lazio, con un obbligo di presentazione ai carabinieri: si tratta di regioni dove si ritiene che la presunta organizzazione malavitosa del Napoletano concentri le sue attività. A tre anni dall’inizio del primo grado, con 48 imputati e 60 udienze celebrate, l’iter giudiziario è ancora lontano dalla sentenza e per gli avvocati l’andamento delle udienze è stato piuttosto lento. Per l’esame del comandante del Ros Andrea Manti, ricordano, c’è voluto un anno e mezzo. Poi c’è stato uno stop imprevisto di quasi sei mesi quando il Gup di Napoli ha rinviato a giudizio gli imputati affidando il dibattimento a Napoli Nord i cui giudici si dichiararono però incompetenti. Anche i pm antimafia Ivana Fulco e Ida Teresi, già nel marzo 2023, avevano lanciato l’allarme sul rischio scarcerazioni: chiesero la celebrazione di un numero maggiore di udienze ma non fu possibile perché il collegio giudicante era troppo gravato. L’accelerazione è arrivata qualche settimana fa con la decisione di celebrare 3-4 udienze a settimana fino a fine novembre. Una decisione che ha scatenato la Camera Penale e l’Ordine degli avvocati di Napoli. Secondo i presidenti Marco Muscariello e Carmine Foreste c’è il rischio di “compromettere il ruolo del difensore, primo baluardo delle libertà in ogni stato di diritto”. Inoltre, sottolineano, va evidenziata la “disparità” di tempo tra quello concesso all’accusa per la raccolta le prove e quello ora imposto alla difesa.
Il clan Moccia avrebbe allungato i suoi interessi anche in In Irpinia. E’ il settore edile ad essere stato osservato speciale della Direzione Investigativa Antimafia nella relazione semestrale del 2024.
Nonostante la provincia di Avellino sia connotata dalla presenza di organizzazioni camorristiche a forte connotazione familistica, i cui interessi illeciti sono per lo più circoscritti a settori criminali più tradizionali quali il traffico e lo spaccio di stupefacenti, l’usura e le estorsioni, gli interventi della Procura della Repubblica hanno riguardato diverse aziende operanti nelle costruzioni.
E LlAutorità prefettizia aveva emesso 3 provvedimenti ostativi. Uno di questi ha riguardato una società del settore edile facente parte di un gruppo societario composto da numerose imprese operanti nel settore della produzione e della vendita di calcestruzzo, riconducibili a soggetti legati da vincoli di parentela ad esponenti del clan Moccia di Afragola e del clan Cesarano di Castellammare di Stabia.
’Autorità prefettizia ha emesso 3 provvedimenti ostativi. Uno di questi ha riguardato una società del settore edile facente parte di un gruppo societario composto da numerose imprese operanti nel settore della produzione e della vendita di calcestruzzo, riconducibili a soggetti legati da vincoli di parentela ad esponenti del clan Moccia di Afragola e del clan Cesarano di Castellammare di Stabia.
Gli altri 2 provvedimenti ostativi hanno interessato due società del settore edile aventi il medesimo rappresentante legale. Quest’ultimo, in particolare, risulta essere stato coinvolto in alcuni procedimenti penali con le accuse di associazione per delinquere, turbata libertà degli incanti e frode nelle pubbliche forniture, oltre ad aver avuto frequentazioni con esponenti dello storico clan Genovese di Avellino, poi trasformatosi nel Nuovo Clan Partenio, un affiliato del quale è risultato il marito di una dipendente di una delle due società oggetto di interdittiva.



