Dalla passione per la ricerca di Adamo Candelmo dall’impegno quotidiano delle donne che fanno della scrittura arma privilegiata per stare al mondo. A ritrovarsi per ricordare il contributo di Candelmo alla riscoperta della memoria della città sono stati Gerardo Troncone del Gruppo Archeologico Irpino, Pasquale Luca Nacca, Movimento Insieme per Avellino e l’Irpinia A moderare il dibattito Rosa Bianco, critica letteraria e Stefano Orga, critico d’arte. E’ stato quindi Giuseppe D’Amore, archemusico, a intonare versi ispirati a Saffo. Da sottolineare anche la presenza di Francesco Roselli, archeoartista, del musicista Massimo Vietri, dello storico Ottaviano De Biase, del notaio Edgardo Pesiri e di Mario Spagnuolo, fotografo.
Troncone ha sottolineato come “anche dopo aver lasciato il Comune di Avellino, presso il quale aveva lavorato per una vita, Candelmo non aveva interrotto la propria ricerca appassionata, tra cartoline, documenti e fotografie che consegnano l’evoluzione della storia della città. Generoso ed entusiasta, aveva cominciato a collaborare con le associazioni culturali del territorio, pubblicando i suoi articoli su testate locali come il Corriere dell’Irpinia e poi il Qutodiano. Documenti e carte da lui ritrovate si erano rivelate preziose anche ai fini della redazione di Piani Regolatori, Piani urbanistici e piani di zona, Candelmo aveva offerto il suo contributo ad urbanisti del calibro di Marcello Petrignani e poi Cagnardi, senza dimenticare come sia stato decisivo per il restauro della Torre dell’Orologio”.
A ricevere il riconoscimento – per loro una statuetta della dea Mefite realizzata dall’artista Roselli – scrittrice battagliere e “resistenti” come le ha definite la critica Rosa Bianche, espressione di una militanza affidata alla penna e alla parola: Emilia Cirillo, Monia Gaita, Antonietta Gnerre, Maria Consiglia Alvino, Claudia Iandolo, Carmen De Vito, Rossella Luongo, Amalia Leo, Eleonora Davide, Elisa Forte, Erika Iannaccone, Antonella Mancusi, Maria Ronca, Elena Opromolla, Agostina Spagnuolo, Elisa Forte, Antonella Mancusi, Elena Opromolla. Tanti i temi al centro del confronto, se Claudia Iandolo mette in guardia dal rischio di costruire “riserve indiane” per le scrittrici e le poetesse, continuando a parlare di scrittura al femminile, “un concetto che oggi appare inaccettabile”, ricordando come la poesia sia sempre spostamento del significato e forzatura della lingua, Antonietta Gnerre ricorda la lezione di donne semplici come Teresa Manganiello “Fu mia zia ad avviare il processo di beatificazione. Teresa visse un’esistenza nel segno della carità. E’ un esempio per tutti noi”, sottolinea come lavorare lontano dalla propria terra aiuti a comprendere meglio l’Irpinia, Maria Consiglia Alvino e Monia Gaita si soffermano sulla piaga atavica della provincia, lo spopolamento “uno spopolamento contro il quale dobbiamo lottare, che rischia di essere anche spirituale, se non ci rimbocchiamo le maniche” e spiega come la poesia sia sempre “forma di conoscenza della realtà”. Emilia Cirillo racconta come abbia scoperto l’Irpinia, grazie al suo lavoro e questa terra, con la sua bellezza, le sue contraddizioni, le sue tradizioni sia entrata a poco a poco nella sua scrittura, da “Il pane e l’argilla” a “Azzurro Amianto”, il suo ultimo romanzo sulla tragedia Isochimica. Emanuela Sica spiega come “sia indispensabile, oggi più che mai, continuare a lottare contro stereotipi legati alla cultura patriarcale che continuano a condizionarci” e ricorda una figura di primo piano del panorama poetico irpino come Armando Saveriano. Amalia Leo sottolinea la necessità di riappropriarsi della parola e della sua forza “che può avere, in tempo di invasione dei social, una forte valenza sociale”. Mentre Luongo parla del valore delle radici, raccontate nella raccolta “Irpinia per sempre”.