Celebra Dante Alighieri nel settimo centenario della morte e Leonardo Sciascia a cento anni dalla nascita il nuovo numero di “Riscontri”, edizioni Il Terebinto, diretto da Ettore Barra. Uno sguardo, quello rivolto al sommo poeta, che sceglie di interrogarsi su nuove interpretazioni possibili della “Divina Commedia”. Così in “Nuove esplorazioni dantesche”, Dario Rivarossa propone delle alternative possibili all’identificazione di papa Celestino V col misterioso personaggio che oppose il «gran rifiuto». Secondo l’autore potrebbe trattarsi di Ponzio Pilato, colpevole di viltà per essersi lavato le mani della sorte del Figlio di Dio. Ad emergere anche qualche sorpresa nelle descrizioni dantesche di angeli e altri elementi soprannaturali e dei personaggi femminili della Commedia. Giancarlo Lombardi analizza, invece, il famoso verso rompicapo «Pape Satàn, pape Satàn, aleppe!» (Inf., VII, 1). Dai riferimenti interni alla Commedia e dalle intense relazioni tra Firenze e le Fiandre all’epoca di Dante deriva l’ipotesi che il verso sia la traslitterazione di una frase in dialetto fiammingo di Bruges dal significato: “Padre Satana, padre Satana, aiuto!”. Nelle intenzioni del Poeta, questa interpretazione è agevolata dall’uso sapiente di puntatori numerici e di loro liste in un vero e proprio “sistema operativo” basato sull’aritmetica posizionale arabo-indiana di recente acquisizione all’epoca della composizione del poema e di cui questo verso costituisce una “passphrase”. Questo verso si ricollega, inoltre, a filo doppio alla Profezia del Veltro (Inf., I, 100-112), di cui permette la decifrazione e determina così l’enunciazione del piano salvifico per Dante di coerente ispirazione divina.
In “Le acri sillabe” di Leonardo Sciascia, Paolo Saggese analizza la struttura giovanile della raccolta poetica dell’autore siciliano che – con taglio “neorealista” – racconta della terra natia Racalmuto. Attraverso uno stile aspro, quasi montaliano, ermetico, raffinato, ricco di contrasti coloristici e di metafore ardite, con richiami al gusto “impoetico” del satirico romano Persio, e attraverso l’uso di un “correlativo simbolico”, a volte “oggettivo”, a delinearsi è un quadro della terra natale come spazio di morte e di dolore. La struttura della plaquette, concepita con sapienza e raffinatezza, contrappone una terra senza prospettive ad altri luoghi, che sembrano prefigurare un altro mondo.
Ad introdurre il numero la riflessione di Ettore Barra che pone l’accento sulla nuova antropologia scaturita dalla pandemia, poichè se è vero che in tanti hanno analizzato le analogie e le differenze tra l’attuale pandemia e i tanti morbi che, nella storia, hanno afflitto l’umanità, pochi hanno messo in evidenza la privazione di una risorsa il cui godimento appartiene da sempre a tutta l’umanità, a prescindere dalle coordinate geografiche e culturali, e che in quanto tale è stata oggetto di profonde indagini filosofiche. Uno scenario – scrive Barra -inimmaginabile per un’Italia che sembra sempre più oggetto di una sperimentazione politica. Permangono, quindi, tuttora insoluti i dubbi sull’effettiva natura della gestione pandemica e che è possibile sintetizzare in quest’unica domanda: se è vero, com’è vero, che il problema è prettamente di tipo sanitario, perché – vaccinazione a parte che, come assicurato dagli stessi esperti, non consente alcun ritorno alla “normalità” – nel dibattito pubblico risulta completamente assente il tema della riforma della Sanità (pur presentata sempre allo stremo, per la strutturale carenza di posti letto), tanto da risultare come la più piccola voce di spesa all’interno del “Recovery Plan”?”. Di notevole interesse anche il contributo di Carlo Di Lieto che si sofferma sul ritratto di Luigi Pirandello che consegna Gaetano Afeltra in “Famosi a modo loro”. Il profilo di Luigi Pirandello è tracciato da Gaetano Afeltra attraverso i segni rilevatori dell’uomo, e attraverso quel «particolare che a un certo punto», scrive l’autore, «almeno per me, rivela l’essenziale». Milena Montanile consegna, invece, un prezioso saggio sulla vita “narrata” di Carlo Gesualdo, tra «cronaca, romanzo. L’autrice mette in evidenza come il destino di Gesualdo, oggetto biografico, sia stato condizionato, pesantemente, e fino a Novecento inoltrato, proprio dalle gravi distorsioni, veicolate all’indomani del delitto, che hanno alimentato una serie di miti (quali, ad esempio, quello di amore e morte, di ascendenza eretico-religiosa), con esiti per tanti versi lontani da una seria e attendibile ricostruzione biografica. E proprio in questa direzione si inserisce l’ultima, poderosa fatica di Annibale Cogliano, che a Gesualdo ha dedicato una vita appassionata di studi e di ricerche. Il riferimento è al recente volume “Carlo Gesualdo da Venosa, Per una biografia” (2015), un lavoro sicuramente ineccepibile per la qualità e il rigore della ricerca storica, che ci offre, più che una romanzesco». Donato Sperduto, infine, si sofferma sull’impegno di Carlo Levi come pittore, a partire dalle copertine dei suoi libri. L’analisi di quello che Genette definisce “peritesto” consente non soltanto di cogliere degli aspetti essenziali dei testi, ma altresì di scoprire delle vicissitudini connesse alla loro realizzazione ed ai rapporti tra Carlo Levi (Quaderno a cancelli), Mario Soldati (America primo amore) e Cesare Pavese (Il mestiere di vivere).
I nuovi abbonati riceveranno anche due volumi in omaggio: Alle origini della questione meridionale. Pasquale Villari, Giustino Fortunato, Guido Dorso e il magistero di Francesco De Sanctis (di Paolo Saggese), e il romanzo storico, ambientato nella Avellino di fine ‘800, Il Taccuino del diavolo (di Mario Gabriele Giordano).