Gaetana Aufiero
Eric J. Hobsbawm, nel suo saggio “Il trionfo della borghesia 1848/1875”, ricorda come ai primi del 1848 il pensatore politico francese Alexis de Tocqueville, prendendo la parola alla Camera dei deputati, abbia detto: “Stiamo dormendo su un vulcano … Non vedete che la terra ha ripreso a tremare? Soffia un vento di rivoluzione, la tempesta cova all’orizzonte.” Parole che al di là della distanza secolare che ci separa da quegli anni potrebbero essere rivolte anche a noi, al nostro Occidente ed al mondo nel quale è oggi in atto uno sconvolgimento totale in ogni campo che ci sorprende e spaventa.
Del vento di cui parla Alexis de Tocqueville, non manca traccia nel singolare ed interessante romanzo di Gina Ascolese “Nozze carrozze e re” dal sottotitolo” I Borboni nel 1859”. Inizialmente pochi cenni su coloro che avevano tradito il loro sovrano nei moti del 20-21, pagandone con la vita il fio, successivamente, nel corso della narrazione, riferimenti più precisi ai patrioti che si erano distinti nella rivolta del ‘48 a Napoli!
Costoro sono stati rinchiusi per ordine del sovrano nelle” tombe per uomini vivi”, carceri speciali aperte per loro in vecchi castelli o edifici invivibili, della cui necessità è pienamente convinto il re, Ferdinando II di Borbone, come rivela nel gustoso dialogo con l’intendente di Avellino durante una delle soste nell’entroterra del regno durante il viaggio in carrozza da Caserta a Bari.
Un anno particolare quel 1859, destinato ad aprirsi per decisione regale con una lunga serie di festeggiamenti destinati a celebrare le nozze dell’erede al trono borbonico con una nobile austriaca!
La narrazione si apre dunque, direi, con una serie di affreschi che illustrano la vita della corte nella reggia di Caserta, il timore degli jettatori e la quotidianità di una vita serena in uno scenario da favola, senza ombre e timori. Quasi quadri pittorici che ricordano le litografie presenti in un prezioso un catalogo sull’Ottocento, tra cronaca e storia, voluto da Ferdinando II di Borbone per ricordare i Costumi della festa data da S. Maestà il 20 feb.1854. In quelle tavole preziose sono rappresentati, sormontati dallo stemma borbonico, splendidi di giovinezza e bellezza, i giovani figli di un ancien regime, destinato al tramonto. Gli stessi le cui nozze vengono decise per ragioni dinastiche proprio in quel fatidico 1859. Segue la descrizione delle sei carrozze regali, destinate ad affrontare l’Appenino gelato ed impervio per raggiungere Bari, mentre nel porto di Trieste una fregata borbonica, il Fulminante, attende di prendere il largo, per consentire alla duchessa Maria Sofia di Wittelsbach di raggiungere in Puglia il promesso sposo, Francesco Maria, duca di Calabria!
Questo l’incipit dell’accurato lavoro di Gina Ascolese, un romanzo storico che supera i limiti di un testo specialistico rivolto ai soli addetti ai lavori, si esprime con un linguaggio brioso e leggero e rivela una nuova modalità di pensare e scrivere la storia, in grado di servirsi di più codici espressivi e visivi. Un modo originale di raccontare, che va al dl là dell’analisi documentaria, per scendere nei luoghi più segreti dell’essere umano con dialoghi ed incontri ricostruiti liberamente.
Al centro della scena Ferdinando II di Borbone, asceso al trono delle due Sicilie nel ’30, un sovrano brillante, deciso, amante delle feste e della vita, amatissimo dai pescatori e dai lazzari della sua capitale, capace di muoversi con disinvoltura in ogni contesto, da quello aristocratico a quello popolare.
“Tra i suoi meriti la realizzazione della ferrovia Napoli Portici, l’installazione dei fari nei porti, l’istituzione di consigli edilizi, l’apertura di strutture assistenziali e di piccoli e grandi stabilimenti affiancati dal Real Opificio di Pietrarsa.”
Il suo limite l’Incapacità di trovare un punto d’incontro tra l’assolutismo dell’istituzione monarchica e le istanze del pensiero liberale con il disinteresse per le zone interne del regno, “la cui mancanza di strade rotabili accentuava lo squilibrio tra le zone costiere più progredite e le altre più arretrate”.
Convinto sostenitore della necessità di difendere con ogni mezzo l’ordine ridisegnato nel Congresso di Vienna del 1815, sconvolto dalla Rivoluzione Francese e dal successivo periodo napoleonico, un ordine minacciato da moti e rivoluzioni, si limitò a chiudere in galere invivibili i suoi oppositori, i cosiddetti “pennaruli” o “paglietti”, i Settembrini, i Poerio …, irriducibili nemici del regno e della dinastia, convinto della massima che “la sofferenza fino a tortura e morte fa parte della pena”.
Ed è proprio lui, che nel mese più freddo dell’anno, l’8 gennaio del 1859, a decidere di trasferire in carrozza la corte da Caserta a Bari attraversando territori impervi, strade dissestate e sentieri montuosi per incontrare sudditi lontani, accogliere a nuora e festeggiare solennemente le nozze di suo figlio, l’erede al trono. Un viaggio sempre più terribile, una sorta di graduale discesa agli inferi con il corpo del sovrano che si rivela sempre più affaticato e dolente. Tanti gli incontri lungo il cammino, tanti i suoi monologhi sul destino dl regno, sul ruolo del sovrano e la necessità di “aggiustare ‘a capa ai liberali”, mentre le teste calde, ben 66 detenuti, con un decreto di grazia per le nozze del principe ereditario, vengono spostati dalla prigione di Montesarchio a Napoli, dove saranno imbarcati su una nave, lo Stromboli, per essere esiliati in America. Un viaggio verso mete lontane che si concluderà con una fortunosa liberazione, segno del futuro che avanza, mentre Ferdinando, inchiodato al letto dal dolore, viene informato della loro liberazione. Tanti gli spunti di riflessione su un mondo che tramonta, tanti i timori per il nuovo che si affaccia sulla scena della storia.
Per ritornare ad Hobsbawam la parola chiave del nuovo mondo è nel suo saggio quella di dramma del progresso, un dramma che Ferdinando II vive nei suoi incubi febbrili, prima della fine del suo viaggio terreno, rivedendo tutti i suoi errori ed avvertendo un guizzo d’amore per tutti, anche per i suoi nemici.
Un dramma del progresso che cominciamo ad avvertire anche noi oggi, qui, nel nostro limitato” hic et nunc” privo di certezze e punti di riferimento, chiedendoci verso cosa il nostro mondo si stia pericolosamente avviando.