il processo di secondo grado nei confronti di ventuno presunti appartenenti al Nuovo Clan Partenio, condannati nel luglio del 2023 a pene complessive per circa tre secoli di carcere, è iniziato oggi davanti ai magistrati della Terza Sezione Penale della Corte di Appello di Napoli. Nella giornata di oggi eccepiti dalle difese alcuni difetti di notifica per gli imputati. Il sostituto procuratore generale ha chiesto la sospensione dei termini di custodia, richiesta eccepita dal penalista Alberico Villani, a cui si e’ associato tutto il collegio difensivo.
I giudici hanno accolto la richiesta della Procura Generale. Il processo riprenderà davanti ai magistrati della Sezione presieduta dal giudice Elena Conte il prossimo 17 settembre. In quella sede saranno valutate le richieste delle difese di rinnovo dell’istruttoria per alcuni imputati, le eccezioni presentate e poi la parola passerà al Sostituto Procuratore Generale e alle parti civili.La prossima udienza è fissata per il 17 settembre per sanare gli avvisi di udienza, valutare le richieste di rinnovo del dibattimento avanzate da alcuni imputati e sentire gli interventi del pubblico ministero, della polizia giudiziaria e delle parti civili.
La sentenza di primo grado, emessa l’11 luglio scorso, è stata motivata in millequattrocentoquattordici pagine, con pene inflitte a ventuno imputati (diciannove dei quali accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso) considerati membri del cosiddetto “Nuovo Clan Partenio”. Il lavoro di ricostruzione della lunga istruttoria è stato condotto dai giudici della Seconda Sezione Penale del Tribunale di Avellino (presidente Gian Piero Scarlato, estensori Giulio Argenio e Lorenzo Corona). Nella sentenza emergono due fatti fondamentali: il Nuovo Clan Partenio esisteva e aveva esteso la sua egemonia criminale ben oltre i confini del vecchio Clan Genovese; il capo indiscusso del sodalizio è Pasquale Galdieri,attualmente detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Sassari. 2 Un cancro che si era infilato in tutti gli ambiti della società civile», scrivono i magistrati riguardo al clan che si occupava tra l’altro di usura, influenzava lo spaccio droga e controllava le aste immobiliari. Il tutto in clima di terrore. Le vittime addirittura in alcuni casi sono costrette a espatriare. L’atteggiamento dimesso delle vittime delle condotte estorsive ed usurarie era totalmente remissivo2.