Diffamò sui social l’allora vice presidente della Figc e presidente della LND Cosimo Sibilia, condannato un 76 enne ex componente del consiglio direttivo della Figc – Lnd Campania, residente in un comune altirpino. Si è concluso ieri, presso il Tribunale di Avellino, il processo che vede coinvolto l’ex Presidente della Lega Nazionale Dilettanti Sibilia, in qualità di parte civile. Il procedimento ruota attorno alla pubblicazione di un commento sulla pagina pubblica di Facebook di Sibilia da parte dell’imputato, difeso dall’avvocato Canio Cubelli, che su un post pubblicato da un altro utente, in cui Sibilia si congratulava con Valentina Vezzali per l’incarico assunto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, commentava con l’espressione “dai le dimissioni, pappone!”. Nonostante l’autore del post avesse cercato di difendere il parlamentare, aveva anche rincarato la dose, con le parole: “se dico ciò che ho detto, perché lo conosco molto bene”.
In aula, davanti al collegio monocratico presieduto dal giudice Irene Barra, il difensore di fiducia di Sibilia, l’avvocato Alberico Galluccio, richiamando la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, ha evidenziato come la diffamazione pubblicata su piattaforme come Facebook, in grado di raggiungere un numero indeterminato di persone, configuri il reato di diffamazione aggravata. Parte centrale del dibattimento è stata, però l’interpretazione del termine “pappone”. Il difensore dell’ex parlamentare di Forza Italia ha sottolineato come l’espressione sia stata usata utilizzata “in senso dispregiativo ed offensivo” e non “avesse nulla a che vedere con i numerosi incarichi di prestigio” ricoperti dall’esponente politico. Contestata, da qui, la tesi difensiva del 76 enne, per cui l’espressione “Pappone dimettiti!” andava intesa in senso figurato come “accumulatore seriale di cariche”.
Per la difesa di Sibilia si poteva “attribuire al termine solo il significato letterale in lingua italiana e non quello “che chi aveva pubblicato volesse intendere”. E proprio in merito ai ruoli ricoperti dall’ex deputato azzurro è stato evidenziato dalla difesa come non “ci fossero mai state da parte di Sibilia condotte fraudolente, ma tutte le cariche ricoperte per merito, competenza ed onestà e che non gli si addice per nulla l’appellativo ” pappone “,usato dall’imputato nel commento su Facebook”. Anzi è emersa una notevole capacità e competenza amministrativa, che è stata messa in discussione, nel corso del processo, da alcuni testimoni della difesa del 76 enne- ha concluso l’avvocato Galluccio che avrebbero tentato di screditare l’operato dell’esponente politico, ipotizzando una “cattiva gestione o l’esistenza di un “Sistema Sibilia”. Ma anche he in questo caso la documentazione prodotta dalla parte civile ha smentito questa tesi.Al termine del dibattimento, il giudice Barra ha ritenuto colpevole il 76 enne per il reato di diffamazione aggravata condannandolo al pagamento di una pena pecuniaria e delle spese processuali.



