di Andrea Covotta
Stamattina il funerale di Papa Bergoglio che ha guidato la Chiesa per dodici anni segnando un pontificato caratterizzato da riforme, dialogo e vicinanza ai più deboli. Nel nome, Francesco, la scelta di una Chiesa vicina ai poveri, mai nella storia un Papa si era richiamato al santo di Assisi. Un pastore metropolitano che era arrivato dalla megalopoli di Buenos Aires ma il suo primo viaggio è stato a Lampedusa, terra di frontiera tra due continenti. La testimonianza tangibile di un impegno, la denuncia di quella “globalizzazione dell’indifferenza”, che lo ha portato a sottolineare più volte che i migranti sono il simbolo di tutti gli “scartati” della società globalizzata.
L’attenzione posata verso gli ultimi lo ha messo in stretta correlazione con il Presidente della Repubblica Mattarella. Due personalità diverse ma anche molto simili. Si sono incontrati per la prima volta nell’aprile di dieci anni fa quando il Capo dello Stato andò a trovarlo accompagnato dai figli e dai nipoti. Bergoglio andò al Quirinale nel giugno del 2017 e Mattarella tornò in Vaticano nel dicembre 2021 alla fine del primo mandato per una visita di congedo. Un mese dopo venne rieletto. Nel giorno della scomparsa di Papa Francesco, Mattarella ha scritto di avvertire un grande vuoto che si è creato con il venire meno di un punto di riferimento. “Il suo insegnamento – ha proseguito il Presidente – ha richiamato al messaggio evangelico, alla solidarietà tra gli uomini, al dovere di vicinanza ai più deboli, alla cooperazione internazionale, alla pace nell’umanità. La riconoscenza nei suoi confronti va tradotta con la responsabilità di adoperarsi, come lui ha costantemente fatto, per questi obiettivi”.
Parole che accomunano l’attuale inquilino del Quirinale e l’ultimo pontefice che condividono gli stessi valori a partire dalla centralità della persona che è alla base della nostra Costituzione. Ma ancor di più ad unirli sono i temi come pace, migrazioni, lavoro, ambiente e soprattutto la vera unità sta nella parola inclusione. Una Chiesa che abbraccia e non esclude come dice proprio Papa Bergoglio nell’Evangelii gaudium, l’esortazione apostolica del 2013 “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata, aggrappata alle sue sicurezze, chiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Spesso ci comportiamo come controllori della grazia altrui, ma la Chiesa non è una dogana, è la Casa del Padre dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”. E così se Paolo VI è stato il Papa del Concilio che ha modernizzato la Chiesa, Bergoglio è stato il pontefice coraggioso che ha visto le tante debolezze e i tanti peccati ancora presenti nel mondo ecclesiastico e ha scelto con forza di occuparsi degli ultimi, delle periferie del mondo. Ad unire Bergoglio e Mattarella è, dunque, anche il Concilio e lo testimonia l’omaggio che Papa Francesco volle rendere al Presidente della Repubblica nel 2023, consegnandogli il Premio Paolo VI e in quell’occasione richiamò le parole di Alessandro Manzoni per sostenere che “si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio”.