E’ dedicato al rapporto tra Pasolini e gli intellettuali irpini il volume di Simona Dolfi “Pasolini e Cinema Sud – Il soggetto censurato di una Giornata balorda e gli altri scritti del poeta regista”, edito da Mefite, presentato nei giorni scorsi a Pistoia e impreziosito da una prefazione di Paolo Speranza.1961. L’autrice parte dalla consapevolezza di come “Nel Sud Pasolini trovò la materia per costruire il suo cinema di poesia fondato sulla soggettiva libera indiretta. La sua poesia in pellicola prese forma nelle vedute dei paesaggi di Matera, Montevergine, dell’Irpinia e nei volti delle genti campane e lucane. “È proprio grazie a Marino e d’Onofrio – scrive Speranza – che Pasolini scopre l’Irpinia. Lo scrittore friulano è rimasto colpito da un’accorata lettera inviatagli l’anno precedente da questi due giovani intellettuali del Sud e decide di aiutarli a realizzare il loro sogno: dar vita nella provincia di Avellino, all’epoca la più povera d’Italia, ad un premio cinematografico e ad una rivista specializzata. L’intervento di Pasolini è decisivo: nel ’58 nasce “Cinema Sud” e nel ’59 il “Laceno d’oro” (è il poeta di Casarsa, rivelerà poi Marino, a suggerire come sede del Festival quel paesaggio alpestre che gli ricordava i luoghi e la cultura del Friuli contadino della sua infanzia) e il suo arrivo dà impulso e coraggio anche al gruppo di cineamatori avellinesi guidato da Pietro Corrado e Angelo Gorruso, che nel biennio ‘60-’61 farà incetta di premi nei principali concorsi nazionali”.
Tanti i protagonisti di quella stagione magica del cinema “Il 31 luglio del ’60 – prosegue Speranza – Pasolini è di nuovo sul Laceno, per la seconda edizione del Premio, seduto accanto a Laura Betti nella prima fila di una platea di circa ventimila persone. Quell’anno c’è Domenico Modugno, che per Pasolini comporrà la stupenda colonna sonora di Che cosa sono le nuvole. Pasolini chiede a Marino di accompagnarlo al santuario della Madonna di Montevergine e al ritorno, nel viale di Mercogliano, registra dalla viva voce di alcuni giovani del posto la versione originale della Canzone di Zeza, che alcuni anni dopo costituirà la sigla di testa del suo Decameron. Intanto Pasolini ha avviato concretamente la sua collaborazione a “Cinema Sud”: nel ’59 pubblica la poesia in dialetto romano Macrì Teresa detta pazzia, l’anno successivo il soggetto censurato di Una giornata balorda e nel ’65 il saggio La fisicità onirica del cinema, in seguito inserito nel volume Empirismo eretico.Anche per la giovane Madonna del suo Vangelo secondo Matteo il neo regista Pasolini pensa inizialmente alla vincitrice del Laceno d’oro, la giovane attrice ligure Laura De Marchi, premiata nel ’63 per la sua interpretazione nel film La donnaccia, di Silvio Siano, girato a Cairano, da un soggetto di Camillo Marino e Pasquale Stiso, il poeta-sindaco della vicina Andretta”.
Sarà, poi, progressivo il distacco tra Pasolini e “Cinema Sud”, tanto che Marino esprimerà nette riserve sulla “trilogia della vita” e sull’abbandono da parte di Pasolini dei temi realistici e dell’impegno in favore del proletariato urbano e rurale. Resteranno invece intatti il reciproco rapporto di stima e la difesa a oltranza da parte di “Cinema Sud” della libertà espressiva di Pasolini e quindi della sua memoria.