“Non ha mai smesso di parlare al nostro tempo Pier Paolo Pasolini, indicando nel coraggio della resistenza e nella necessità della lotta l’unica strada per salvare l’uomo dal rischio dell’assuefazione indolente e dell’indifferenza colpevole”. Spiega così la professoressa Milena Montanile, nel corso del confronto alla libreria Mondadori, moderato da Gianluca Amatucci, la scelta di dedicare all’autore degli Scritti Corsari, nel centenario della nascita (1922-2022) e nel cinquantenario dalla morte (1975-2025), un numero speciale della rivista Riscontri fondata da Mario Gabriele Giordano, scegliendo sguardi e prospettive inedite che abbracciano lingua, corpo e sacro. Un numero che nasce come omaggio, spiega l’editore Ettore Barra, alla memoria di Giordano, ideatore della rivista Riscontri, “interprete di un’idea di cultura profondamente libera, contraria a ogni forma di dogmi e pregiudizi, promotore di numeri speciali dedicati ad artisti del calibro di Alfonso Gatto e Francesco De Sanctis. Di qui la scelta del titolo “La vocazione del dissenso”, a ribadire la volontà di Pasolini di contrastare ogni forma di conformismo, raccontando la grande crisi della modernità”.
A ribadire il legame forte con la rivista Riscontri anche la nipote di Mario Gabriele Giordano “Mio zio ha dedicato la sua vita alla cultura, viveva per questa rivista che aveva immaginato come una creatura che potesse varcare i confini regionali e nazionali per abbracciare l’Europa. Di qui la scelta di lasciare la sua Biblioteca all’Abbazia del Loreto dove gli sarà intitolata una sala”. E’ quindi Montanile a ribadire come il numero speciale di Riscontri si faccia espressione della lungimiranza di un editore come Ettore Barra capace di imprimere una svolta alla comunicazione editoriale sul territorio, ponendo l’accento sui molteplici punti di vista scelti nell’analisi di Pasolini, dal rifiuto dell’omologazione all’idea di lingua come destino.
E’ il professore Rino Caputo, presidente del Comitato Pasolini 100, a spiegare come “il poeta corsaro rappresenti un antesignano più che un profeta, capace di capire dove stava andando la società. Aveva compreso, ad esempio, i pericoli che sarebbero derivati dalla televisione ma non aveva esitato a usare il mezzo televisivo per comunicare, come testimoniano le interviste con Enzo Biagi. Oggi più che mai, si può considerare un classico del Novecento, un poeta capace di allargare sempre il proprio sguardo, strumento di lettura dei problemi contemporanei. All’impegno letterario, civico e morale ha sempre affiancato quel culto della libertà che lo avvicina al movimento queer non senza eccessi nella sua qualità di intellettuale”. Maura Locantore, segretaria del comitato celebrativo, pone l’accento sul Pasolini animatore di riviste, dal friulano Stroligut di cò da l’Aga al progetto di una rivista di dimensione europea con Moravia. Di qui la scelta di mettere a confronto il poeta di Casarsa con il poeta Albino Pierro “Il dialetto si fa lingua di una lontananza geografica e temporale, così Pasolini scrive in friulano mentre vive a Bologna, Pierro riscopre il dialetto tursitano a Roma. Centrale nei due poeti l’amore per il passato e la poesia, recuperato attraverso la lingua materna”. Ancora un’altra prospettiva è proposta da Angelo Favaro che si sofferma sul rapporto tra Pasolini e Giudici nell’Italia del consumo “Entrambi cercano una via per superare e vincere l’ermetismo, mantenendo un dialogo con i padri Ungaretti e Montale, ma sperimentando metri e forme”.
Dante Ceccarini analizza il legame tra Pasolini e la voce del popolo tra poesia, canzone e tradizione musicale, a partire dall’attenzione rivolta a canti, stornelli, ninne nanne della tradizione regionale italiana fino a De Andrè e Battiato e agli artisti di oggi per i quali è rimasta soprattutto un’icona, Riccardi Renzi si sofferma sullo sperimentalismo linguistico nella sua poesia, a partire dalla scelta di scrivere in una lingua non ancora scritta, il friulano d Casarsa. Una poesia attaccata alla sua terra, alla tradizione contadina per poi lasciare spazio al romanesco e ai sobborghi proletari della periferia urbana. A parlare de “La lingua ribelle” di Pasolini è Maria Rosaria Colucciello con un saggio nel quale passa in rassegna problemi e scelte nella traduzione di Ragazzi di vita in spagnolo, non sempre capaci di rendere la forza della lingua originale. Paride Leporace sceglie di analizzare i 60 anni del Vangelo secondo Matteo, a partire dallo scambio epistolare tra il regista Pasolini e il produttore Bini, vero coautore della pellicola. Una corrispondenza da cui è avulso il denaro ma compare la volontà di realizzare un’opera di pura poesia, come testimoniano i richiami a Mozart per la musica e quelli a Piero Della Francesca. Padre Michele Bianco evidenzia la presenza del sacro nei testi cinematografici pasoliniani, dai richiami a Ernesto De Martino attraverso la centralità del rito e della morte a Mircea Eliade in cui il sacro diventa ierofania fino alla consapevolezza che il sacro è la realtà stessa, è nella nascita e nella morte, è il sacro della gente comune, non quello evangelico, Giulio De Jorio Frisaria esplora il rapporto tra mitologia e dissacrazione in Pasolini. Giancarlo Guercio si sofferma su “Pasolini e l’universo orrendo della modernità”, di fronte a un nuovo che è figlio del solo consumismo, poiché gli italiani appaiono “polli di allevamento”, ingabbiati nelle briglie del commercio, Lorenzo Gasparini, studia Pasolini in rapporto alla coscienza di classe, a partire dalla rappresentazione dell’universo operaio, in cui appare ora incapace di affrancarsi dalla produzione ora elemento rivoluzionario. Francesco D’Episcopo pone l’accento sulla sua poesia controcorrente. Grande attenzione è dedicata alla pedagogia di Pasolini, dalla Questione Meridionale, analizzata da Paolo Saggese alla Pedagogia delle cose tra educazione, corpo e cose nell’analisi di Valentina Domenici.