Gianni Festa
Mi è davvero difficile, credetemi, così come è avvenuto nella storia millenaria dei popoli, dire buona Pasqua. Lo faccio, comunque, recuperando dal messaggio evangelico il significato della ricorrenza che auspica Resurrezione a nuova vita e liberazione dai mali che, mai come di questi tempi, sono talmente tenebrosi da consegnare enorme incertezza sul futuro. Nel mondo guerre distanti tra loro rischiano di costruire un mosaico angosciante di un conflitto mon- diale. E’ come una macchia di dolore (l’invasione di Putin a Kiev), che si allarga man mano in zone dove i conflitti covano da decenni sotto la cenere (Israele e Palestina), fino a giungere in quei Pae- si in cui l’immigrazione è causa di povertà e di morte, affollando il Mediterraneo di speranze spez- zate. E’ in bilico l’equilibrio del pianeta in cui la malattia dell’individualismo sovrasta quell’immenso valore del bene comune che si nutre di solidarietà e altruismo. Di qui la mia difficoltà ad un pur sentito augurio che indosserebbe gli abiti dell’ipocrisia, se solo penso ai tanti uomini e donne, gio- vani e bambini la cui vita è spezzata da chi ha scelto con ostinazione la guerra alla pace. In questo scenario di grande turbamento si coglie, oltre al conflitto tra il bene e il male, anche la poca consapevolezza che è l’uomo, con le sue fragilità, ad essere protagonista della negazione di valori che hanno retto la convivenza civile. Intendo riferirmi all’etica che orienta i comportamenti nella vita pubblica; il senso di vanagloria che si coniuga con il concetto di impunità, l’esercizio della politica che da risposta ai bisogni si è trasformato in affarismo sociale; quel dilagante populismo che non consente, con le sue deviazioni, riflessioni approfondite. Tutto questo, e altro ancora, è purtroppo oggi presente anche in quelle realtà che si pensava potessero essere esenti dai vizi descritti. Nel mondo, come in Italia, come in Campania o in Irpinia. Ed è in questa nostra piccola realtà, qual è l’Irpinia, che è urgente evocare una resurrezione rispetto soprattutto ai tradimenti subiti, alle promesse di riscatto mai concretizzatesi, allo spopolamento delle zone interne che diventano sempre più un deserto avvolto in un silenzio tremendo. Ci aveva salvato il valore della dignità conservato in tempi assai lontani. Questo valore si è smarrito fin dal tempo del terremoto che ha segnato uno spartiacque tra il prima e il dopo, portando alla ribalta spudorati imprenditori che con la complicità della politica hanno messo le mani sul territorio favorendo infiltrazioni camorristiche e la nascita di comitati di affari. Il pentolone che si è scoperto nella vicenda del Comune di Avellino, e della quale diamo conto nei reportage che seguono, racconta del sogno violentato di quel rigore morale che contraddistingue- va l’Irpinia come realtà sana in tutto il Mezzogiorno, di un territorio in cui la cultura faceva la differenza, nobilitando pensiero e riflessione. Verrebbe da dire oggi “come siamo caduti in basso” osservando il via vai delle forze dell’ordine che indirizzate da una Procura della Repubblica attenta a ripristinare la legalità sta mettendo a nudo una realtà di disdegno che cade su una comunità attonita. Ed allora, tornando alla santa Pasqua, qui il significato della resurrezione assume una dimensio- ne più che vasta, ponendosi come riferimento di rinascita morale rispetto a ciò che si sta consumando. Oltre tutto questo, e altro ancora che emergerà, mi consentirete in modo non demagogico di far giungere il buona Pasqua a coloro che ancora credono nell’onestà e si battono dalla parte degli ultimi. Come la mensa dei poveri don Tonino Bello alle tante associazioni benefiche che operano nel silenzio all’insegna del rigore morale e del bene comune. E che L’Irpinia e il suo capoluogo, Avellino, risorgano dalle macerie morali in cui sono cadute, ritrovando il valore dell’indignazione, superando l’indifferenza, ponendosi dalla parte di quella speranza di rinascita che può avvenire solo riscoprendo il desiderio di credere.