di Stefano Carluccio
Da ormai diversi anni si parla sempre di più del turismo come di una sorta di panacea di tutti i mali e di tutti i problemi del nostro Paese o delle sue aree interne più povere.
Si pensa, sapendo che l’Italia ha il più alto numero di siti Patrimonio dell’Unesco al mondo, che se il nostro Paese riuscisse a promuovere e mettere a regime tutte le sue bellezze ed il suo incredibile patrimonio, ci basterebbe questo per vivere tutti benissimo. Di solo turismo.
E’ questo un pensiero, un concetto che si ripete spesso nel nostro Paese e che torna di moda di tanto in tanto.
Soprattutto quando l’economia non va bene, la disoccupazione aumenta e allora non si sa cosa altro dire o fare per risolvere la situazione.
E’ vero, siamo un Paese bellissimo e ci sono davvero tante persone in tutto il mondo che sognano di venire in Italia, anche solo per qualche giorno.
Per molti di loro è il sogno di un’intera vita. Assaporare, anche solo assaggiare la dolce vita italiana, quel modo tutto nostro di vivere la vita e di stare al mondo.
Uno stile che ci ha reso unici del mondo e ci ha permesso di diventare cosi attrattivi, in tanti altri settori oltre il turismo. La moda, il cibo, l’arredamento,il design e via discorrendo.
Ma nonostante questo non siamo la nazione più visitata al mondo.
Nel 2018 è stata la Francia con 86,9 milioni di arrivi, poi la Spagna con 81,8 milioni e gli USA con 76,9 milioni di turisti.
Noi siamo stati solo quinti, con 58,3 milioni di presenze.
Quasi quanto la nostra popolazione.
Ma non abbastanza per poter dire di poter vivere di solo turismo.
Il turismo rappresenta infatti solo il 13% del PIL italiano e quasi il 15% dei posti di lavoro.
Posti di lavoro spesso stagionali e precari.
Parlare quindi di un Paese che potrebbe vivere di solo turismo è un’utopia, perchè quelle percentuali potranno si, aumentare, nei prossimi anni ma non potranno mai sostuiture settori fondamentali come l’industria ed i servizi.
Quelle aree interne, povere e depresse, sia al Nord che al Sud, che negli ultimi anni, in mancanza di altre opzioni e di migliori prospettive, hanno deciso di puntare tutto sul turismo per vincere le sfide immani dello spopolamento e della desertificazione, probabilmente hanno fatto una scelta strategica sbagliata.
Perchè il turismo, se organizzato e gestito bene, può sicuramente dare un contributo importante anche nei territori più in difficoltà, ma non si può pensare sul serio di affidarsi solo alle bellezze naturalistiche, alle tradizioni ed ai prodotti tipici di un luogo per far crescere contesti ed aree spesso in enorme difficoltà.
Sarebbe ingenuo pensare di poter rinunciare all’industria e al mondo dei servizi solo perchè si ha un bel panorama e tanti buoni piatti da far assaggiare.
Eppure, in molti territori economicamente svantaggiati, ci si è rivolti al turismo, sostenibile e ovviamente slow, come ad una divinità che tutto può fare e tutto può esaudire.
Come alla soluzione definitiva a tutti i problemi che da decenni attanagliano quei posti. Spesso abitati da paesi piccoli e piccolissimi che fanno sempre più fatica ad andare avanti.
Anche per i servizi essenziali.
L’innovazione tecnologica, l’autoimprenditorialità giovanile, le cooperative di comunità focalizzate sui problemi e sui bisogni dei piccoli borghi quali l’invecchiamento della popolazione, l’isolamento culturale, le carenze dei trasporti e dei luoghi di socialità.
Queste sono aree, settori specifici, che nei piccoli borghi e nelle aree più in difficoltà della nostra penisola, periferie, piccoli centri, isole o luoghi di montagna, possono davvero creare un’economia vivace che non sia stagionale e che soprattutto offra opportunità di crescita e di carriera.
Per se stessi ed anche per i territori dove queste attività sono ubicate.
La logica delle grandi fabbriche e delle cattedrali nel deserto è ormai finita da anni, perchè risultata fallimentare e anche perchè i soldi che c’erano diversi decenni fa oggi sono solo un lontano miraggio.
I grandi gruppi societari, le banche e tutto il mondo in continua espansione dei servizi difficilmente potranno mai insediarsi in luoghi lontani dai grandi centri e dalle vie di comuicazioni, senza un network di competenze e di capacità.
Ai piccoli centri, alle zone povere e socioeconomicamente in difficoltà rimane un’unica strada.
Certo, il turismo può dare una mano, ma non sarà mai la soluzione definitiva allo spopolamento, all’emigrazione ed, infine, alla morte di interi territori.
Perchè troppo debole il suo impatto, perchè troppo volatile ed incostante la sua presenza.
L’innovazione in tutti i campi, l’autoimprenditorialità, le cooperative di servizi per il territorio possono invece rappresentare un futuro diverso e delle prospettive di crescita notevoli se perseguite con fiducia, competenze e determinazione fino in fondo.
Perchè, questo è sicuro, l’Italia e tutti i suoi numerosi e compositi territori non potranno mai vivere di solo turismo.
Per quanto bellissimo e straordinario sia il nostro Paese.