Nuovo appuntamento giovedì 3 aprile, alle 18, presso la Sala Penta della Biblioteca Provinciale di Avellino, con la Rassegna “Narrazione della povertà…prossimo tuo, prossimo nostro” promossa dal Cinecircolo Santa Chiara. L’obiettivo è quello di fare del cinema strumento per parlare di “povertà”, tema che oggi si intreccia inevitabilmente con quello delle migrazioni, delle “nuove” povertà, della loro più o meno marcata visibilità non solo nei media ma nelle nostre vite. Si proietta “Dimmi che destino avrò” di Peter Marcias, un dramma che affronta, con un tocco di realismo magico, il tema spinoso e attuale della diversità culturale, l’amicizia tra una ragazzina ROM ed un commissario di polizia, alla ricerca quell’integrazione che l’etica auspica e la realtà allontana. Alina è una ragazza di origini rom che da anni vive a Parigi per lavoro che torna nel suo villaggio natale per passare un po’ di tempo con la sua famiglia, Giampaolo è un commissario di polizia di mezza età, vedovo e padre di un ragazzo adolescente, cui viene affidata un’indagine che coinvolge la sparizione di una ragazza nel campo rom nella periferia della città. Durante le indagini i due stringono un legame amichevole ma quando scatta l’emergenza nazionale per il monitoraggio, il censimento ed eventuale espulsione dei rom senza permesso di soggiorno e documento d’identità, la rabbia di Alina si sfogherà tutta nei confronti di Giampaolo che dal canto suo è in disaccordo con i metodi istituzionali che impongono le impronte digitali anche ai bambini. Alina dovra confrontarsi con se stessa, con le sue origini, e con le speranze per il futuro dei suoi fratelli attraverso un viaggio dell’anima che la condurrà a rivedere la sua vita, le sue aspirazioni e a riflettere sulla sua vera identità.
A cambiare lo sguardo del commissario la richiesta di non limitarsi a stare ai bordi della sua comunità ma di conoscerla dall’interno, allenando un gruppo di piccoli calciatori. Il Commissario avrà l’occasione di entrare in contatto con una cultura a lui sconosciuta, fatta di operosità, di ospitalità e di senso della famiglia; e di combattere in ufficio contro i pregiudizi dei suoi stessi sottoposti.