Antonio Gengaro, avellinese doc, storico consigliere comunale, alcuni giorni fa ha lanciato un forte allarme: sulla città di Avellino – ha affermato – sta calando una colata di cemento. Gli hanno fatto eco l’Ordine degli architetti, il consigliere comunale Nicola Giordano, molti avellinesi che hanno espresso il loro disappunto sui social e, non ultimi, gli aderenti ad alcune associazioni che sono attente al territorio comunale. Silenzio assoluto, invece, dalle opposizioni consiliari, ad eccezione di sinistra italiana, dalla segreteria provinciale del Partito democratico (ma esiste ancora?) e da quanti pontificano con inutili riflessioni. In realtà, rispetto al fenomeno della speculazione edilizia, portata avanti da pochi padroni del cemento, non si è registrata nessuna forma di indignazione. Perchè è questa, l’indignazione, la sola in grado di fermare coloro i quali ritengono di poter fare tutto. Ricordo che quando si tentò di allocare una discarica dei rifiuti sul Formicoso, in Alta Irpinia, già violentata dalle pale eoliche, migliaia di persone da ogni parte della provincia, e non solo, accorsero nella zona con trattori, striscioni, mucche, trombette ecc e gridando “no” alla discarica, insieme al poeta calitrano Vinicio Capossela, vinsero la battaglia contro l’inquinamento, piegando il potere regionale che aveva deciso di far diventare la nostra terra un enorme immondezzaio. Contro il degrado in cui è caduta la città, grazie ad un sindaco solo al comando, con una maggioranza inesistente ed una opposizione muta, tutto tace, sindacati compresi. E nel silenzio avanzano i comitati di affari, gli stessi che in uno stupendo film, il regista Rosi definì con una frase di grande verità “Le mani sulla città”. In realtà, tutto gira intorno al Puc (Piano urbanistico comunale) che dovrebbe correggere gli errori del passato, acquisire l’esistente, e rendere disponibili i nuovi suoli tra agricoli ed edilizi. Ma che fine hanno fatti gli atti di programmazione che prevedono il ruolo futuro della città? Il mistero s’infittisce. Essi sono scaduti da un anno e i fondi destinati per la loro realizzazione sono stati stornati con una variazione di bilancio. E l’assessore delegata alla realizzazione delle previsioni del Puc quale ruolo ha svolto? E’ bene precisare. Nessuno mette in dubbio le notevoli capacità dell’assessore Buondonno, donna di grandissino stile professionale con titoli eccellenti e, tuttavia, qualcosa non ha funzionato anche nel suo ruolo e, riteniamo, non per sue responsabilità. Pressioni subite? Non si sa mai. Senza Puc la città perde un importante riferimento. Un solo esempio. Il piano urbanistico Cagnardi, precedentemente redatto dallo studio dell’architetto Gregotti e associati, non prevedeva la trasformazione del Partenio in un nuovo stadio con un mega centro commerciale. Alla luce della nuova previsione urbanistica l’area ex contrada Zoccolari non decongestionerebbe l’intera zona in cui già agiscono ospedale Moscati, polo scolastico, autostazione, oltre allo stesso stadio. E ancora: che fine hanno fatto i grandi parchi pubblici (Autostazione, Fenestrelle, Parco del Q9) previsti dal piano Cagnardi e la cui realizzazione doveva avvenire con il criterio della perequazione? Attendiamo risposte. E’ evidente che alla scadenza di un anno dalle elezioni amministrative, intorno al Puc si costruiscono le alleanze non solo politiche. Lo strumento urbanistico svolge, infatti, un ruolo importante nell’ambito sociale. Capita che fa diventare ricco chi è già ricco e povero chi dispone di un pezzetto di terra ereditato negli anni dai propri familiari. Non solo, consente il mercato dei suoli con il metodo clientelare ed è soggetto a future promesse per l’acquisizione del consenso. Il Puc, per dirla in breve, è la madre di tutte le battaglie e presuppone un processo democratico di conoscenza da parte dei cittadini, attraverso il Consiglio comunale. Fino ad ora è stato negato.
Gianni Festa