di Egidio Leonardo Caruso
Il CNEL Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, è un organo di rilievo costituzionale previsto dall’articolo 99, con funzione consuntiva per Governo, Parlamento, Regioni e Province autonome su materie economiche e sociali, inoltre ha potere di iniziativa legislativa, partecipa all’elaborazione della legislazione economica e sociale, attraverso pareri, indagini e studi su richiesta dei vari organi istituzionali, oltre a svolgere un’attività informativa e conoscitiva.
Il 4 Dicembre 2025 è stato presentato il primo Rapporto CNEL dal titolo:” L’attrattività dell’Italia per i giovani dei Paesi avanzati”.
L’Italia sta perdendo una parte quantitativamente e qualitativamente importante della sua generazione giovane e qualificata: un esodo strutturale, non episodico, non compensato da arrivi equivalenti dagli altri sistemi economico-sociali avanzati. Il Rapporto misura l’impatto sul capitale umano, redige l’indice di attrattività dei singoli territori e indica le leve e gli strumenti per invertire la rotta.
I cambiamenti sociali e demografici che hanno trasformato il nostro paese negli ultimi dieci anni inerenti i flussi migratori di tipo residenziale, in uscita come in entrata, hanno contribuito a modificare la struttura della popolazione residente, a fronte di un persistente calo delle nascite e dell’invecchiamento della popolazione, le migrazioni internazionali e interne, hanno ridefinito la società italiana.
Negli ultimi dieci anni l’emigrazione italiana è tornata a crescere in modo significativo, coinvolgendo soprattutto i giovani. Da un lato perché attratti dal desiderio di fare un’esperienza all’estero, dall’altro, a causa delle difficoltà strutturali del mercato del lavoro italiano con cui essi si scontrano, governato da prospettive occupazionali limitate, salari poco competitivi e scarse possibilità di valorizzare le competenze acquisite. In un contesto demografico segnato da calo delle nascite e invecchiamento, la portata delle emigrazioni di cittadini italiani solleva interrogativi concreti sul futuro socio-economico del Paese, per quanto l’immigrazione straniera sia decisiva nel più che compensarla, almeno sul piano quantitativo, contribuendo a mantenere stabile la popolazione residente e a sostenere l’offerta di lavoro nelle fasce d’età più giovani. Dal 2014 al 2024 il numero di cittadini italiani che hanno lasciato l’Italia per trasferirsi ha mostrato una crescita costante, a fronte di un progressivo aumento degli espatri – passati da circa 89mila nel 2014 a poco meno di 156mila nel 2024 (+75%) – non si è registrato un numero di rimpatri che li potesse compensare. I rientri in Italia infatti nel medesimo periodo, si sono attestati mediamente a 52mila unità l’anno, di conseguenza i saldi migratori dei cittadini italiani sono stati sistematicamente negativi nell’arco del decennio, con una perdita netta che ha superato le 100mila unità nel solo 2024.
Il 44,7% di tutti gli espatri riguarda giovani dai 18-34 anni, più bassa la quota di rimpatri per tale fascia di età, in ogni caso quella che ne assorbe di più pari al 29,3%, anche tra gli adulti tra 35 e 50 anni.
Nel complesso, il bilancio tra espatri e rimpatri ha comportato una riduzione della popolazione residente italiana di circa 670mila unità nell’arco di dieci anni, oltre la metà di questa perdita (circa 388mila persone) riguarda giovani tra i 18 e i 34 anni. Le differenze più evidenti emergono nelle fasce estreme d’età, tra i minori di 18 anni, gli espatri (17,5%) sono meno numerosi rispetto ai rimpatri (21,2%). Dal punto di vista territoriale, le partenze riguardano prevalentemente le regioni del Nord Italia, da cui negli ultimi due anni sono partiti complessivamente circa 68mila giovani, pari al 50,7% del totale, in particolare il Nord-ovest si conferma l’area con la maggiore incidenza, contribuendo da solo a circa un terzo degli espatri. A seguire, un giovane emigrante su cinque si muove dal Sud, uno su sei dal Centro, poco più di uno su dieci dalle Isole. Analizzando il dettaglio regionale, la Lombardia risulta essere la principale area di origine, con il 19,6% dei flussi in uscita, seguita dal Veneto e dalla Sicilia, entrambe al 9%. Quote significative si registrano anche in Campania e nel Lazio, entrambe con il 7,6%.
Nel 2023 hanno lasciato l’Italia oltre 114mila cittadini italiani, mentre nel 2024 il numero è salito a 155mila (+36.5%). Parallelamente, i rimpatri sono diminuiti (da 61mila a 52mila, -14,3%), ampliando così la perdita netta di cittadini italiani: il saldo è passato da -53mila a -103mila in soli dodici mesi. Il Mezzogiorno fa registrare un doppio esodo, infatti oltre alle perdite di giovani risorse dovute alle migrazioni internazionali, si aggiungono anche quelle relative alla mobilità verso il Centro-nord, accentuando ancora di più il dualismo territoriale tra le due aree del Paese. Con riferimento ai tassi migratori con l’estero dei giovani italiani di 18-34 anni, nel biennio 2023-24 tutte le aree del Paese presentano valori di segno negativo, valori che tuttavia, risultano più elevati nelle regioni settentrionali (-6,3 per mille al Nord), rispetto a quelle centrali (-4,8 per mille) e meridionali (-4,9). Riguardo i tassi migratori interni invece, sono positivi solo per il Centro-nord, grazie alle migrazioni dei giovani provenienti dal Mezzogiorno, complessivamente, l’Emilia-Romagna guida la classifica delle regioni più attrattive, con un tasso pari al +8,6 per mille, seguita dalla Lombardia (+3,5) e dal Piemonte (+3,0), che così compensano le perdite verso l’estero, grazie ai flussi interni in entrata. Al contrario il Mezzogiorno, registra tassi migratori totali fortemente negativi: la Calabria e il Molise scendono sotto il -22 per mille, seguite dalla Basilicata (-21,9), mentre Campania, Puglia e Sicilia si attestano tra il -15 e il -17 per mille, in tutte queste regioni la perdita è dovuta sia alla mobilità interna, con spostamenti verso le regioni settentrionali, sia all’emigrazione internazionale.
Da un lato, l’Italia continua a perdere una parte significativa del proprio capitale umano, in particolare tra i 18 e i 34 anni, a causa di espatri verso l’estero e di movimenti interni che penalizzano il Mezzogiorno, dall’altro la mobilità internazionale dei giovani può essere interpretata solo in parte come una “fuga”, riflettendo anche l’aspirazione legittima a cercare esperienze formative e professionali in contesti più dinamici, che il mercato del lavoro italiano non è in grado di offrire. Su questo elemento si deve aggiungere anche la ricerca di una qualità della vita migliore, e non è un caso che i giovani rivolgano lo sguardo a mete come: la Germania, il Regno Unito e di recente anche la Spagna.
Uno degli aspetti caratterizzanti di questa nuova ondata emigratoria dei giovani italiani, è che una parte molto rilevante delle uscite interessa le regioni settentrionali, che hanno un reddito più elevato e offrono maggiori opportunità lavorative mentre in passato si partiva soprattutto dalle regioni povere, in prevalenza meridionali, anche nel 2024 questa caratteristica è confermata: Nord-Ovest (22.458) e Nord-Est (16.367) insieme hanno dato luogo a quasi il 50% delle cancellazioni di giovani italiani. Quota in aumento di un punto percentuale rispetto alla media del 2011-24; il Mezzogiorno ha contato nel 2024 per oltre il 34%, in leggero calo rispetto alla media dell’intero periodo.
Se si guarda a coloro che emigrano in possesso di un titolo di studio, si nota a differenza delle ondate migratorie del secolo scorso, l’alto grado di istruzione degli emigranti e la loro partenza dalle regioni più ricche di reddito e opportunità. Questo paradosso trova spiegazione nella domanda delle imprese per lavoratori con profili di istruzione medi, ossia senza laurea, per cui è riconosciuto ai laureati un premio inadeguato sia retributivo sia di percorso di carriera.
Milano ha il primato della quota di giovani emigrati italiani laureati: 61,3% nel 2023, mentre all’estremo opposto geografico, la quota di emigrati laureati crolla a un terzo o poco più di quella milanese al 21,4%. Ammontano a 12mila i giovani che se ne sono andati dal Veneto verso l’estero o il resto d’Italia, facendone così la regione meno attrattiva tra le grandi del Nord, perché non è riuscita a compensare con gli afflussi netti dall’interno, quelli verso il resto del mondo. 196mila è invece il numero record di giovani che hanno lasciato la Campania, per altre regioni o per l’estero, seguito dai 163mila della Sicilia e dai 130mila della Puglia. Inoltre prevale un più elevato livello di istruzione delle giovani donne, sui giovani emigrati italiani uomini: nell’intero arco temporale 2011-24 dall’Italia se ne sono andate 74.500 laureate, contro 73.600 laureati.
Nel 2011-24 si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord, 484mila giovani italiani. Al netto di quelli che sono arrivati, 240mila sono andati nel Nord-Ovest dal resto d’Italia, 163mila nel Nord-Est e 80mila nel Centro. Il deflusso record è quello della Campania, pari a 158mila, poi Sicilia con 116mila e Puglia con 103mila. L’afflusso top invece, si è registrato in Lombardia con 192mila, seguito dall’Emilia-Romagna (106mila) e Piemonte (41mila).
Nel periodo 2011-24 il valore complessivo del capitale umano uscito dall’Italia, stimato in riferimento sia ai dati diffusi dall’OCSE, che all’indice nazionale dei prezzi al consumo, riferiti al 2024, è di 159,5 miliardi di euro.
Il giovane capitale umano trasferito nel 2011-24 dal Mezzogiorno al Nord, corrisponde a un valore di 147 miliardi di euro, di cui 79 miliardi relativo al trasferimento dei giovani laureati, 55 a quello dei diplomati e 14 a quello dei non diplomati. La Lombardia è la regione che ha ricevuto più capitale umano giovane dai movimenti interni, pari a 76 miliardi, seguita dall’Emilia-Romagna con 41 miliardi, dal Lazio con 17 e dal Piemonte con 15. La Campania è la regione che ha perso più capitale umano giovane dai movimenti interni: 59 miliardi, seguita poi dalla Sicilia con 44 miliardi, la Puglia con 40 e la Calabria con 24.
Dal rapporto emerge come la scarsa attrattività dell’Italia rappresenti una vera e propria emergenza nazionale sia sul piano sociale che economico, la politica tutta è chiamata ad unirsi per trovare risposte concrete, rapide, efficienti ed efficaci di fronte a problemi di enorme complessità, su tutti: l’aumento dei salari, il welfare, una politica industriale seria e di largo respiro, più servizi, investimenti in infrastrutture fisiche e digitali, per collegare le diverse realtà del nostro Paese, semplificazione fiscale per stimolare l’imprenditorialità, un sistema universitario che non sia una corsa a ostacoli, ma basato su percorsi di studio ben definiti e stabili nel tempo, così da favorire un più regolare ingresso nel mondo del lavoro e tornare un paese attrattivo per i giovani e non solo.



