Durante la pandemia, un gruppo di giovani ad alta mobilità, ha promosso una associazione chiamata “Orizzonte Italia”, con l’obiettivo di riconnettere alla vita politica e civile del Paese i giovani, soprattutto i cosiddetti “expat” neologismo coniato per identificare quanti si stabiliscono, in modo temporaneo o definitivo all’estero, per motivi di lavoro. Si tratta di giovani professionisti, ricercatori e studenti che insieme alla volontà di approdare ad un lavoro dignitoso, hanno deciso di elaborare proposte come contributo all’agenda politica italiana per entrare in contatto con le istituzioni e altre professionalità, con cognizione di causa e senso di responsabilità. Da queste esperienze è scaturita una diffusa attenzione da parte degli studenti, sociologi ed esperti di problematiche partecipative sia sul versante politico ed istituzionale, sia su quello lavorativo. Le risultanze delle prime analisi hanno delineato alcuni spunti di riflessione. Anzitutto questi giovani associati vogliono dire la loro con modalità diverse da quelle tradizionali che, secondo loro, non sembrano funzionare. Secondo: i temi da affrontare sono fondamentali. Il lavoro su alcuni temi specifici costringe ad essere pragmatici, a cercare soluzioni concrete per determinare problemi.Èsenza dubbio che questa opzione fotografa la sindrome tipicamente italiana di cui ho già parlato in uno delle mie precedenti riflessioni settimanali di essere dei buoni diagnostici sulla situazione socioeconomica nostrana, ma degli approssimati terapisti nella ricerca e nella proposta di soluzioni concrete. Le due categorie citate hanno per diretto destinatari i responsabili politici eletti che siedono, nel parlamento, anche se non sono i soli ad esercitare il mestiere di sedicenti diagnostici. Seconda opzione: i giovani associati preferiscono la loro attivazione su singole istanze: sono pragmatici, cercano soluzioni concrete. Terzo elemento da valutare: i giovani hanno fame di formazione, soprattutto quella altamente professionale. Quando all’interno di “Orizzonte Italia” si parla di associazionismo, di vita civile e di formazione sociale e politica, molti associati toccano con mano il divario tra “sapere e saper fare”. Le scienze sociali forniscono, spesso conoscenze interessanti per fare, come ho già detto, diagnosi, ma la quotidianità degli impegni professionali e lavorativi esige risposte concrete ed immediate. Per questo in “Orizzonte Italia” sono stati creati dei laboratori, luoghi di studio, di pensiero, di condivisione, ma soprattutto palestra pratica nell’agire concreto ed anche nell’ambito politico. Quarta indicazione concreta: la rete. A tal proposito bisogna partire da una consapevolezza reale dell’esistente. Gli strumenti formativi ed informativi, creati dal basso e su temi specifici, con le grandi associazioni che non godono di ottima salute, per incidere realmente hanno bisogno di fare rete. Bisogna, altresì, tener conto che i canali tradizionali di formazione e partecipazione sono pensati e strutturati per persone stanziali mentre molti giovani, per motivi di studio e di lavoro, si muovono, esplorano città e Paesi diversi. Partecipano alla vita associativa, magari nelle comunità locali di appartenenza ma non hanno sempre modo, pur volendo, di partecipare attivamente come cittadini e come lavoratori, per mettere al servizio comune le proprie esperienze. Pertanto si corre il rischio che una sfera sempre più ristretta discuta e decida dei grandi temi sociali ed economici, mentre il dibattito pubblico allargato, quello proveniente del vivo del tessuto comunitario, si polarizza sui temi identitari, come se le globalizzazioni dell’intero vivere umano appartenesse ad altri pianeti. Ci serve, quindi, unire sapere e sapere fare, creare comunità in cui sapere e linguaggi diversi vengono fecondamente ibridati. Serve, comunque, una buona ed efficace formazione.
di Gerardo Salvatore