“E’ nell’eredità che ci ha lasciato, capace di sollecitare sempre nuove energie e percorsi nel processo di salvaguardia della memoria la lezione più bella consegnata da Armando Montefusco”. Lo sottolinea Ortensio Zecchino, presidente Centro Europeo studi normanni nel concludere il confronto dedicato a Aequum Tuticum promosso dal Gruppo Archeologico in collaborazione con Insieme per l’Irpinia e la Svimez, introdotto da Pasquale Luca Nucca. Toccante il ricordo dello storico Francesco Barra “Abbiamo condiviso un trentennio di vita. Armando ha applicato lo stesso approccio scientifico che lo contraddistingueva nella sua professione di analista allo studio del passato, alla ricerca dei documenti che lo faceva rifuggire da ogni ipotesi privo di fondamento.
“E’ stato un analista della storia avellinese – prosegue Barra – e insieme un poeta del passato. Discendente di Cannaviello, ha vissuto in un ambiente in cui i libri e la riscoperta della storia erano centrali. Armando era unico – spiega Barra – per generosità e disinteresse. In un mondo contraddistinto da improvvisazione ed eccessi, si è sempre distinto per equilibrio e rigore. Ogni convinzione era il frutto di una meditazione approfondita e sedimentata”. Quindi ricorda come “Fin dalla giovinezza aveva coltivato la passione per le discipline artistiche, questa abilità tecnica nel disegno gli è stata utile per le sue ricostruzioni iconografiche e quelle delle genealogie delle grandi famiglie. I suoi Contributi per la storia di Avellino e dell’Irpinia sono saggi che avrebbero potuto rappresentare delle monografie a sè stanti, dalla ricostruzione delle origini della cripta di Atripalda alla storia di Monteforte con la scoperta dell’Archivio della loggia carbonara fino ai misteri legati a Carlo Gesualdo. Con i suoi studi ha ricostruito anche la reale topografia avellinese con l’individuazione dell’Abbazia di san Benedetto”
Un omaggio che prosegue con i versi di Pindaro declamati da Giuseppe D’Amore. Maria Ronca del Bucaneve ricorda la centralità assegnata alla storia locale dall’associazione, nel segno della riscoperta dela propria identità “Proprio per rispondere ai suoi incoraggiamenti abbiamo dedicato una sezione del concorso ai luoghi della città. Non ha mai smesso di essere al nostro fianco”. E’quindi Fabio Galetta della Svimar a ricordare l’importanza per i giovani di riscoprire la storia dei territori.
E’ quindi il professore Pellegrino Caruso a soffermarsi sulla lezione di Orazio, esempio di un approccio dinamico e positivo alla cultura “Ho seguito le sue orme, partendo dal filologo Benteley che si fa simbolo del coraggio della parola. La sua lezione è espressione della forza della bellezza, della luce della primavera di cui abbiamo sempre bisogno”. E ricorda la semplicità con cui Montefusco condivideva la conoscenza.
Mentre l’ingegnere Gerardo Troncone si sofferma sulla centralità di Aequum Tutiquum “posta a nord di Ariano, ivestiva un ruolo centrale nella rete viaria romana, di lì passavano la via Appia, la via Traiana e la Herculea. Si tratta di un’area che appare oggi abbandonata, solo una piccola parte dell’effettivo insediamento è stata portata alla luce, secondo quanto emerge da preziosi documenti”. Antonio Sasso pone l’accento sul quadrilatero composto da Aequum Tuticum, Tre Fontane, Faeto e San Vito, “Non è certo un caso se anche popolazioni provenienti da al di là dell’Adriatico si siano fermate lì”.
E’ quindi Zecchino a tracciare le conclusioni, ricordando la grande pagina di storia giuridica che ebbe come cornice Ariano, dove re Ruggero diede una Costituzione al regno nelle cosidette assise. Una scelta, quella di Ariano, che si spiega proprio con la centralità che rivestiva nella viabilità”. A questa pagina è dedicato anche il suo ultimo volume “La Costituzione”. Infine, l’appello a conservare le radici “In un tempo in cui conta la velocità, nemica dell’approfondimento e le nuove tecnologie sembrano dispensarci da ogni fatica è fondamentale perseguire la conoscenza delle nostre pietre”