di Francesco Finelli
“Il Servizio Sanitario Nazionale sta affrontando una crisi del personale sanitario senza precedenti, causata da errori di programmazione, dal definanziamento e dalle recenti dinamiche che hanno alimentato demotivazione e disaffezione dei professionisti verso il SSN. Senza un adeguato rilancio delle politiche per il personale sanitario, l’offerta dei servizi sanitari ospedalieri sarà sempre più inadeguata rispetto ai bisogni di salute delle persone, rendendo impossibile garantire il diritto alla tutela della salute”.Questo è parte di quanto è stato affermato dal Presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, nel corso dell’audizione presso la XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati nell’ambito dell’indagine in materia di riordino delle professioni sanitarie. Partendo dalla spesa per il personale sanitario è stato rilevato che ci troviamo di fronte ad una crisi senza precedenti, se si pensa che sono stati persi oltre 28 miliardi in 11 anni, e intanto si registra il raddoppio delle spese per i gettonisti. Se la spesa per il personale dipendente si fosse mantenuta ai livelli del 2012(36,4 miliardi),quando rappresentava circa un terzo della spesa sanitaria totale, secondo il GIMBE, il personale dipendente non avrebbe perso tale cifra, di cui 15,5 miliardi solo tra il 2020 e il 2023,imponendo enorme sacrificio economico ai professionisti del SSN. Per quel che concerne il fattore retributivo, c’è da dire che nel confronto con gli altri Paesi europei(fonte OECD) la remunerazione dei medici specialisti italiani risulta inferiore del 4% rispetto al valore medio calcolato sulle retribuzioni degli altri Paesi europei, laddove per gli infermieri la forbice è molto più ampia e lo stipendio di un infermiere italiano è di circa il 19% inferiore alla media europea. Senza contare che ,nel contempo, a tutto questo bisogna aggiungere il sovraccarico di lavoro che ne consegue, in considerazione anche delle varia distribuzione del personale dipendente del SSN. Infatti, su un totale di 681.855,come riporta la Ragioneria Generale dello Stato, per l’anno 2022,ultimo dato disponibile, pari ad una media nazionale di 11,6 unità per 1000 abitanti con nette differenze regionali: da 8,5 unità per 1000 abitanti in Lazio e Campania a 17,4 unità per 1000 abitanti in Val D’Aosta, emergono dati che si ripercuotono inevitabilmente sulla qualità e sicurezza sui luoghi di lavoro. Sempre dai dati della Ragioneria Generale dello Stato riferiti al 2022,e,sempre con le stesse considerazioni critiche, si evidenzia che il numero dei medici che lavoravano nelle strutture sanitarie erano 124.290,di questi 101.827 come dipendenti del SSN e 22.469 come dipendenti delle strutture equiparate a SSN. La media nazionale è di 2.11 medici per 1000 abitanti con un range che varia da 1.80 della Campania a 2.64 della Sardegna.
Stando sempre ai succitati dati, il numero degli infermieri che lavorano nelle strutture sanitarie è di 302.841,di questi 268.013 come dipendenti del SSN e 34.828 come dipendenti delle strutture equiparate al SSN. La media nazionale è di 5.13 per 1000 abitanti, con un range cha va da 3.83 della Campania a 7.01 della Liguria.
La crisi del personale sanitario, acuitasi dopo il 2020,riconosce innumerevoli cause.
I giovani medici fuggono dai Pronto Soccorso. Nel 2024 il 74,9% dei posti messi a bando nelle scuole di specializzazione in Medicina d’emergenza-urgenza è rimasto deserto. Vuoti anche oltre la metà dei posti in Chirurgia Toracica o Nefrologia. Nello stesso tempo aumenta il numero dei professionisti che lasciano il pubblico per il privato, considerando che solo nel 2022 i medici che hanno cessato volontariamente il rapporto di lavoro nel servizio pubblico sono stati 4349( a fronte dei 1564 del 2016),mentre il numero degli infermieri è stato di 6651 rispetto ai 1854 del 2016.
Nel corso dell’audizione sul ddl di riordino delle professioni sanitarie è emersa la rotta che il Ministro ha tracciato ”E’ fondamentale far leva sulla motivazione dei professionisti, garantire l’autonomia e l’esercizio della responsabilità, investire sullo sviluppo delle competenze e sui percorsi di carriera, nonché promuovere il merito e riconoscere i risultati. Con l’avanzare delle conoscenze scientifiche e delle tecnologie, infatti, molte delle competenze richieste dai contesti professionali sempre più complessi si sono ampliate, rendendo nel contempo obsolete competenze connesse all’uso di strumentazioni e tecniche sanitarie superate. Occorre, quindi, con particolare riferimento al personale del comparto sanitario, riconoscere le c.d. competenze avanzate” e ,pertanto “si ritiene auspicabile la presentazione di un disegno di legge delega che impegni il Governo a porre in essere una riforma organica del personale sanitario, che affronti le problematiche esistenti, stabilendo un nuovo assetto delle professioni sanitarie, quale strumento cardine e guida di un nuovo SSN, caratterizzato da forza lavoro moderna e al passo con i tempi in grado di ricostruire un nuovo rapporto di fiducia con i cittadini”.
Per i tempi di attuazione di tutto quanto non ci è dato sapere.