Per Stellantis quello che si è appena concluso è un primo semestre da dimenticare. I dati, dopo tre anni di crescita segnano un’inversione di tendenza negativa rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una quantità tra autovetture e furgoni commerciali di 303.510 unità contro le 405.870 del 2023. La produzione di autovetture segna un -35,9%, pari a 186.510, mentre quello relativo ai veicoli commerciali evidenzia una crescita del 2% raggiungendo una quota di 117.000 unità.
Una situazione che, secondo il sindacato Fim-Cisl, è in peggioramento. Prendendo in esame gli stabilimenti di produzione di auto, si registra una tendenza al peggioramento rispetto alla flessione del –23,8% già riscontrata nel primo trimestre. Fatta eccezione per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco che rappresenta più della metà della produzione totale. Per Melfi e Mirafiori è acclarato il momento di particolare crisi. Rispettivamente, è stato registrato un -57,6% e -63%.
Dati negativi condizionati dal ritardo degli incentivi per le auto ecologiche partiti un mese fa. Su questo punto si è espresso Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, molto critico nei confronti del Gruppo Stellantis: “Se gli incentivi auto in vigore non aumenteranno la produzione di Stellantis in Italia dirotteremo le risorse diversamente, sostenendo la filiera dell’ automotive nel nostro Paese. L’aumento della produzione di auto in Italia potrà essere verificato tra qualche settimana. Ma se questa condizione non si dovesse realizzare, allora gli incentivi saranno indirizzati in altro modo. Gli incentivi auto, ad un mese dalla loro attivazione, hanno invece raggiunto gli altri due obiettivi- ha detto sempre Urso,-ovvero quello della rottamazione di una vecchia auto e la sua sostituzione con un mezzo ecologico e meno inquinante, e il sostegno ai redditi bassi nell’acquisto di un’auto sostenibile”.
Nell’altro stabilimento campano, quello di Pratola Serra, la situazione sembra essere momentaneamente migliore, ma mancano le prospettive future. Dalla fine 2024 quello irpino sarà l’unico a fornire le motorizzazioni B2.2 diesel Euro 7 per tutti i veicoli commerciali del Gruppo ex Fiat. Da settembre continua a tenere banco l’ipotesi della ripartenza delle tre turnazioni, ma ci sono preoccupazioni per il rischio di ulteriori ritardi nell’aumento della produzione, vista la scadenza a fine anno del terzo anno del contratto di solidarietà.
Un quadro generale quello dell’ex FCA che certifica il declino italiano e lo spostamento della produzione verso il centro Europa. Inoltre, continua il braccio di ferro con il governo Meloni, che non riesce a trovare un punto d’incontro con il direttore Carlos Tavares. L’obiettivo della riconversione che dovrebbe dare nuova linfa all’indotto italico è ancora un miraggio. Intanto lo “zoccolo duro” dell’automotive italiano sta scomparendo.